martedì 30 settembre 2008

L'ORTONA DELL'ENI!

Non è ancora la Vittoria ma è sicuramente un fatto molto positivo perché ci permetterà di rinsaldare i ranghi, riorganizzarci e prepararci per le prossime battaglie.
Abbiamo tutto il tempo per vincere ma non dobbiamo perdere tempo!
Abbiamo tutte le buone ragioni ma non dobbiamo indugiare!
Abbiamo grandi risorse che dobbiamo saper gestire.

Ortona, questa bellissima città risorta dalla guerra è stata paragonata a Stalingrado per la ferocia e la violenza della battaglia che durante l'ultima guerra si è combattuta tra le sue strade e le sue case. La storia come diceva Gian Battista Vico mostra ciclicamente gli stessi percorsi e così Ortona sta per scrivere un'altra pagina della sua lunga e gloriosa storia.
Perchè per l'ENI ed i suoi alleati sarà proprio come fu per i nazi, a Ortona ed a Stalingrado: l'inizio della fine! (In questo caso la fine dell'invasione del nostro Abruzzo.)
P.S.
Scusate se scendiamo sul personale, ma volevamo ringraziare pubblicamente Maria Rosaria La Morgia per averci informati quando l'inchiostro della proroga era ancora fresco, ma soprattutto per l'impegno che sta mostrando in questa lotta. Volevamo anche complimentarci con tutti i consiglieri di tutti gli schieramenti che hanno votato compatti per iniziare a proteggere l'Abruzzo dal degrado ambientale ed economico, mostrando nella loro compatezza un grande livello di democrazia e di responsabilità.
Vorremmo inoltre poter intervistare il consigliere Benigno D'Orazio che ha votato contro, probabilmente sarà in grado di spiegare molte cose a tutti gli abruzzesi su questa contorta vicenda.

I PETROLIERI NON SI FERMANO MAI!

l'ENI non si ferma mai! Nonostante la non disponibilità dei terreni e soprattutto il divieto stabilite dalla legge Regionale n. 2 del 4 marzo 2008 in merito alla costruzione del centro per la idro desulfurizzazione del petrolio di Ortona Feudo l'ENI non ha mai sospeso le commesse ai suoi fornitori, certa dell'esito dei suoi interventi lobbistici a tutto campo.
Ma anche in Veneto le cose non vanno meglio. Nonostante la vertenza promossa dalla Regione Veneto e l'intervento del Tribunale di Rovigo in merito ai rischi geologici generati dalle attività di estrazione e lavorazione di gas e petrolio nell'alto Adriatico i petrolieri, che probabilmente intuiscono già l'esito della sentenza, continuano imperterriti nell'organizzare la loro base logistica ed operativa, come riporta il sito www.dgualdo.it specializzato in notizie riguardanti il lavoro aereo a mezzo elicotteri:


"25 September - Italian Market NEWS: New Off-Shore operational base for Elilario Italia was estabilished in Padova Airport during the last weeks. Two helicopters are now flying out of Padova, AB412 I-RNBR and AB139 I-ROCS, serving oil platforms in the north part of Adriatic Sea. To better understand the development of the oil and gas activity in the North Adriatic Sea read the following article related to the new "Rigassificatore" plant in Rovigo recently opened. Thanks to Luca GRANZINI for these first images taken on day 20 September in occasion of the opening cerimony of the new "Rigassificatore".

...La Elilario la scorsa settimana ha stabilito all'aeroporto di Padova una nuova base logistica per le operazioni off-shore. Due elicotteri possono adesso operare da Padova, un AB412 con marche I-RNBR ed un AB139 con marche I-ROCS, per servire le piattaforme off-shore nell'Alto Adriatico. Per meglio capire lo sviluppo delle attività legate al gas ed al petrolio leggete il seguente articolo in merito al nuovo "Rigassificatore" recentemente inaugurato a Rovigo...

Inaugurazione rigassificatore di Rovigo. Partito da Algeciras – sullo Stretto di Gibilterra – 20 giorni fa, il rigassificatore Adriatic LNG è stato inaugurato, il 20 settembre 2008 presso il terminale di Porto Viro, a Rovigo, alla presenza del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Posizionato a 15 chilometri dalla costa veneta, il terminale è stato calato fino a toccare il fondo marino a 28 metri di profondità, immettendo acqua marina nella parte inferiore e nei compartimenti laterali della struttura e successivamente 300.000 tonnellate di zavorra solida destinate a stabilizzarla. L’operatività dell’impianto è prevista per il 2009, dopo la realizzazione delle strutture di ormeggio e il collegamento con il metanodotto che porterà il gas sulla terraferma. L’impianto, che fa capo a Terminale GNL Adriatico Srl - società partecipata da Qatar Terminal Limited (45%), ExxonMobil Italiana Gas (45%) e Edison (10%) - sarà la prima struttura offshore al mondo per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del gas naturale liquefatto. Il terminale GNL sarà in grado di rigassificare 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno, aumentando del 200% la capacità di rigassificazione dell’Italia e coprendo il 10% del fabbisogno nazionale di gas. L’impianto contribuirà quindi in maniera determinante a incrementare la sicurezza energetica del Paese, nonché la competitività sul mercato italiano del gas naturale. Il rigassificatore e le strutture connesse sono state realizzate nel rispetto dei più elevati standard internazionali di rispetto dell’ambiente e della sicurezza. Il progetto ha ottenuto parere favorevole in 4 diverse Valutazioni di Impatto Ambientale. Il gas liquefatto proverrà dal Qatar, il più grande giacimento al mondo di gas. Fonte: Società Edison (www.edison.com) - Governo Italiano (www.governo.it)"

giovedì 25 settembre 2008

UNIAMO LE FORZE


L’ENI ha magistralmente scatenato la sua contro offensiva in sordina, già alla fine di agosto, con alcuni articoli apparsi su alcuni quotidiani nazionali che decantavano, oltre il senso del ridicolo, la qualità della vita nei luoghi in cui esistono impianti petroliferi!

Subito dopo con un crescendo continuo sono apparsi interventi di vari esponenti sindacali armonicamente seguiti dall’aut aut (!) del presidente della Confindustria abruzzese Calogero Marrollo nei confronti del Consiglio regionale abruzzese; aut aut apparso su tutti i quotidiani locali e su alcuni nazionali in cui il presidente dava senza mezzi termini dei pasticcioni ai membri della giunta!

Non risultano repliche adeguate da parte dei membri della Giunta, che hanno incassato l’insulto in silenzio.

Non è certamente un caso che l’esternazione del presidente Marrollo sia avvenuta tramite l’AGI (l’agenzia giornalistica dell’ENI) come non è certamente casuale il fatto che il presidente sia coinvolto direttamente con sue aziende o attraverso consorzi nella costruzione delle infrastrutture della raffineria.

Mentre avveniva tutto questo gli emissari dell’ENI hanno fatto pressioni sui proprietari dei terreni, su cui dovrebbe sorgere la raffineria di Ortona, per fare si che la firma degli atti di vendita coincidesse con la pubblicazione della sentenza del TAR; sentenza stranamente tenuta nel cassetto per mesi e a quanto pare tirata fuori ad arte nel momento ritenuto giusto da una regia neanche troppo occulta.

La reazione della gente comune, di associazioni di categoria, di alcuni sindaci ed esponenti politici è stata immediata; la conseguente manifestazione per la raccolta fondi, destinati all’acquisto dei terreni per bloccare così la costruzione della raffineria, è stato sicuramente un atto positivo ed un messaggio di grande impegno civile.

Purtroppo è stato anche un atto tardivo, attivato dall’emotività del momento e non frutto di una strategia organica; è la conferma di come un comitato, per quanto motivato, non possa gestire da solo problemi di così grande portata soprattutto se è avviluppato sui suoi problemi interni e concentra su poche persone le sue scelte, oltretutto circoscritte su un territorio limitato.

È necessario imparare dai propri errori perché gli avvenimenti di questi giorni sono solo l’inizio di uno scontro che diventerà sempre più difficile e complesso e che per vincerlo non basta l’indignazione della gente durante un comizio di auto referenziazione!

È necessario promuovere un FORUM per riunire TUTTI i gruppi, i movimenti e le associazioni sparse nell’intera Regione per sviluppare insieme una nuova strategia.

Il petrolio ed il centro oli pur nella loro gravità sono solo il sintomo di una malattia che investe tutto l'Abruzzo e che si manifesta attraverso le continue richieste per attività devastanti sia per l’ambiente che per la salute.

Queste richieste, che non vengono neppure proposte in regioni dove il rispetto per l’ambiente ed il senso civico sono presenti, se in Abruzzo vengono accolte con facilità ci sarà pure un motivo!

Il motivo di tutto ciò risiede in una gestione del territorio greve e superata, totalmente asservita agli interessi economici di pochi con la complicità di alcuni amministratori incapaci se non collusi e di una scarsa presenza di senso civico tra i cittadini.


Combattere e soprattutto fermare l’invasione petrolifera della regione è importante per due motivi.

Il primo riguarda le ricadute negative sul territorio in termini di degrado della qualità della vita, della salute e dell’economia.

Il secondo per la portata dello scontro verso realtà multinazionali dotate di immense disponibilità economiche e di servizi di intelligence e di pressione in grado di raggiungere e coinvolgere a tutti i livelli istituzioni, esponenti politici, sindacati ed organi di informazione.


Vincere la battaglia del petrolio significa pertanto poter rintuzzare tutti gli altri numerosi attacchi alla nostra Regione, molti dei quali sono già in atto da tempo e come sempre coperti da omertà traversali!

È dimostrato come nei luoghi in cui il potere amministrativo soggiace al potere economico c’è inquinamento, degrado sociale e la democrazia langue mentre prospera invece la delinquenza organizzata ed i cittadini vengono declassati a livello di sudditi.


Dobbiamo pertanto fare pressione su tutta la classe politica ed amministrativa abruzzese perché definisca con chiarezza qual è il nostro modello di sviluppo per i prossimi anni e quindi fare in modo che lo difenda attraverso l’emanazioni di Leggi chiare ed efficaci, con interventi verso il Governo centrale e quando necessario sino al Parlamento Europeo ed alla Corte di Strasburgo..

Per ottenere questi risultati dobbiamo dare vita ad un nuovo schieramento allargato a tutto l’Abruzzo che pur rispettando le specifiche autonomie, le diversità, i nomi e l’origine dei movimenti e dei comitati sia traversale ed aperto e che agisca secondo una strategia comune e condivisa.

Infine per tranquillizzare tutti coloro che aderendo ad un nuovo e più vasto schieramento temono di perdere visibilità e la propria presunta leadership segnaliamo che questo nuovo fronte di opposizione, come è scritto all’entrata di una delle più antiche assise democratiche del mondo, proprio perché aperto e traversale sarà governato da Primi tra Pari.

Ci teniamo al vostro parere per sviluppare i temi e programmare la data ed il luogo del FORUM.

nuovosensocivico@gmail.com

lunedì 22 settembre 2008

Quel petrolio che non porta ricchezza

Articolo apparso su IL CORRIERE DELLA SERA di oggi

In Val D'Agri si estrae l'80% della produzione italiana. Nei 47 pozzi 500 milioni di barili

La Basilicata e l'«oro nero»: aumenta l'inquinamento, ma non i benefici. Pochi i lucani assunti nel comparto


AL NOSTRO INVIATO
VAL D'AGRI (Potenza) — Texas o Lucania Saudita, ormai i luoghi comuni si sprecano, per la Basilicata che galleggia sul più grande giacimento di petrolio dell'Europa continentale e sul gas. Qui, nel parco nazionale della Val d'Agri, dove non c'è la sabbia del deserto ma il verde degli orti e dei boschi, tutto è di primissima qualità: olio, vino, carne, fagioli, miele, nocciole. E anche il petrolio, che si estrae da quindici anni, è di ottima qualità. I 47 pozzi del giacimento della Val d'Agri custodiscono, dicono le stime ufficiali, circa 465 milioni di barili (finora ne sono stati estratti quasi 11 milioni), che al valore corrente di 90-100 dollari al barile formano un tesoro da quasi 50 miliardi di dollari.

Ma la Basilicata, che produce l'ottanta per cento del petrolio estratto in Italia, non si fermerà a quello della Val d'Agri, estratto dall'Eni. Dal 2011 comincerà a sfruttare — con Total, Esso e Shell — i giacimenti di Tempa Rossa, poco più a nord: altri 480 milioni di barili, altri 50 miliardi di dollari. Ed è pronta a far trivellare anche Monte Grosso, proprio a due passi da Potenza, dove c'è altro petrolio per 100 milioni di barili. E poi farà scavare nel Mare Jonio, nelle acque di Metaponto e di Scanzano, dove dai templi greci si vedranno spuntare piattaforme petrolifere come nel Mare del Nord.
Nessuno, ancora fino a qualche anno fa, e nonostante i giacimenti della Val d'Agri, avrebbe scommesso che nel sottosuolo lucano e nei fondali jonici fosse nascosta tutta questa ricchezza. Dopo l'intuizione di Enrico Mattei, che tra gli anni 50 e 60 venne qui a cercare petrolio e trovò «soltanto» gas, l'idea che la Basilicata potesse davvero essere un enorme serbatoio di petrolio era per lo più giudicata un volo della fantasia.

Invece i sondaggi e le trivelle si sono spinti fino nelle viscere della terra, a tre-quattromila
metri di profondità, e hanno trovato il mare nero che cercavano. Come non essere contenti? Sembrava l'annuncio dell'inizio di una nuova era, per la Basilicata e per il Mezzogiorno d'Italia, per la questione meridionale e per il federalismo fiscale, per il lavoro ai giovani e per la fine dell'emigrazione.
E infatti, all'inizio, tutti erano contenti.

Dicevano: «Pagheremo meno la benzina, come in Valle d'Aosta, dove costa la metà senza che si produca una goccia di petrolio. E pagheremo meno anche le bollette della luce e del gas». Dicevano: «Con le royalties del petrolio avremo strade e ferrovie, che qui sono ancora quelle di un secolo fa». Dicevano: «Finalmente non saremo più costretti a emigrare, avremo il lavoro a casa nostra». Dicevano: «Si metterà in moto un meccanismo virtuoso, da cui tutti trarremo vantaggi. Il petrolio è la nostra grande occasione». Dicevano tutte queste cose, i lucani. Che oggi non dicono più. La delusione ha frantumato i sogni, lo scetticismo ha svuotato la speranza. E il petrolio, da grande risorsa per la grande occasione, sta diventando sempre di più una maledizione.

E infatti. Il lavoro manca come prima. Le opere infrastrutturali nessuno le ha ancora viste. Mancano i fondi per i prestiti agevolati agli imprenditori, anche stranieri, che volessero investire in Basilicata. Il costo della benzina non ha subìto sconti. Il risparmio sulla bolletta del gas è solo apparente. La gente, soprattutto i più giovani, continua a emigrare: negli ultimi quindici anni a Grumento Nova, 2.500 abitanti, la popolazione è diminuita di un quarto, mentre da tutta la regione — che ha poco più di 570 mila abitanti — si continua a emigrare al ritmo di quattromila persone all'anno. E l'aria, l'acqua e persino il rinomato miele della Val d'Agri sono sempre più a rischio perché sempre più «ricchi» di idrocarburi.

Il petrolio puzza, e in tutta l'area del Centro olii di Viggiano l'odore è forte e si sente: è normale, sono gli idrocarburi policiclici aromatici e l'idrogeno solforato dovuti alla produzione e al trasporto del petrolio (che però adesso avviene attraverso un oleodotto di oltre cento chilometri che porta il greggio alle raffinerie di Taranto). Ciò che non è normale è che in Italia i limiti di emissione di idrogeno solforato siano diecimila volte superiori a quelli degli Stati Uniti e che il monitoraggio di queste sostanze in Val d'Agri avvenga solo due o tre volte l'anno. Ciò che non è normale è il valore altissimo delle «fragranze pericolose per l'uomo» (benzeni e alcoli) trovate nel miele prodotto dalle api della Val d'Agri, come sostiene una ricerca dell'università della Basilicata pubblicata dall'International
Journal of Food Science and Technology. Ciò che non è normale è che all'Arpab, l'Agenzia regionale di protezione ambientale, non crede più nessuno, tanto che c'è chi ha deciso di fare da solo. Come il Comune di Corleto Perticara, che l'anno scorso ha ceduto a Total per 99 anni, e per 1,4 milioni di euro, il diritto di superficie su un'area di 555 mila metri quadrati in cui realizzare il Centro olii, ma che si è dotato (finora unico comune fra i 30 interessati all'estrazione di petrolio) di un proprio sistema di monitoraggio ambientale.

L'accordo tra Eni e Basilicata prevede ben 11 progetti «compensativi», del valore di 180 milioni di euro, per la sostenibilità ambientale, la formazione e lo sviluppo culturale. E il vicedirettore generale dell'Eni, Claudio De Scalzi, vanta i seguenti risultati: «Royalties per 500 milioni di euro già versati, con un potenziale di 2 miliardi per i prossimi anni se si riuscirà ad arrivare a uno sviluppo completo dei campi della Vald'Agri. Centotrenta tecnici lucani assunti e altre 30 assunzioni in corso. Trecento ditte lucane dell'indotto in rapporto con l'Eni, di queste 60 lavorano in modo continuativo con la società».
Ma a guardare bene i numeri si fa presto a capire che si tratta di «piccoli numeri». A cominciare dalle royalties, il 7% (il 4% se il petrolio è estratto in mare), tra le più basse del mondo. Quando già nel 1958 Enrico Mattei considerava «un insulto» il 15% che le Sette Sorelle versavano ai Paesi produttori e parlava di «reminiscenze imperialistiche e colonialistiche della politica energetica». Tanto è vero che oggi — in Venezuela, Bolivia, Ecuador — i contratti vengono rinegoziati per portare le royalties oltre il 50%.
Più «vantaggioso», almeno in apparenza, l'accordo stipulato nel 2006 dalla Regione Basilicata con Total, Esso e Shell per i giacimenti di Tempa Rossa, che, tra le altre cose, dovrebbe consentire alla Regione di dotarsi di un sistema di monitoraggio ambientale da 33 milioni di euro (a riprova che finora su questo fronte non s'è fatto nulla) e di fornire gratuitamente tutto il gas naturale estratto (con un minimo garantito di 750 milioni di metri cubi) alla Società energetica lucana, interamente a capitale regionale. L'effetto immediato sarà una bolletta del gas meno cara, almeno di un buon 10%. Ma non per tutti lucani. Ne beneficeranno solo i pochi allacciati alla rete del metano. Già, perché il gas c'è, ma dove va se non ci sono le condotte?

Carlo Vulpio
22 settembre 2008

LETTERA APERTA AL CONSIGLIO REGIONALE ABRUZZESE

Gentili Consiglieri,
tutti noi conosciamo le oggettive preoccupazioni di voi, superstiti di un percorso drasticamente interrotto dall’intervento della magistratura, ma vi invitiamo ad apprezzare, a sostenere ed emulare l’impegno di alcuni vostri colleghi che, nonostante la frenesia pre elettorale che pervade l’Assise e lo scenario politico, continuano a fare il loro dovere battendosi ed impegnandosi per salvare l’Abruzzo dallo sfascio ambientale ed economico.
Già dai primi di settembre è iniziata la controffensiva dell’‘ENI e dei suoi alleati contro l’ondata di buon senso e di impegno civile che, da vari mesi, sta finalmente scuotendo le coscienze degli abruzzesi, soprattutto della provincia di Chieti, grazie allo strenuo lavoro di comitati e movimenti spontanei e grazie alle iniziative della Chiesa cattolica, di numerose unioni di Comuni e di qualcuno di voi.
I primi segnali della controffensiva lanciata dall’ENI sono arrivati da grandi esperti di economia come alcuni rappresentanti sindacali abruzzesi che, supportati da qualche articolista incapace di firmarsi con il proprio nome, hanno pomposamente esposto, in un italiano a volte approssimato, le loro proposte per un sottosviluppo insostenibile.
Tra tutti ha però giustamente tuonato la bordata del Presidente della Confindustria Abruzzese Calogero Marrollo che con un lancio stampa effettuato dall’AGI (agenzia stampa di proprietà dell’ENI!) vi intima di mettervi in riga dettandovi un aut aut in merito alla costruzione dell’ormai famigerato centro oli di Ortona, nella cui costruzione è coinvolto lo stesso Marrollo attraverso varie società e consorzi di impresa.
Sindacati, Confindustria e qualche giornalista fanno finta di ignorare oppure conoscono a sommi capi che il Consiglio regionale nel sovrano e libero esercizio delle sue prerogative, ha sottoscritto e promulgato, con la sola esclusione di un membro, la Legge regionale n. 2 del 4 marzo 2008 (pubblicamente definita “un pasticcio” dal Presidente Calogero Marrollo che in tal modo vi ha automaticamente definito dei pasticcioni!) che vieta di fatto la costruzione di questo impianto per le nefaste ricadute sull’ambiente, la salute, l’agricoltura, il turismo e l’economia in genere di una vasta area del territorio abruzzese.
Eppure, nonostante ciò, l’Eni procede con i lavori di costruzione dell’oleodotto e non ha annullato le commesse ai suoi fornitori per le strutture del centro oli.
Ma anche i lavori di trasformazione di Ortona in porto petrolifero continuano tranquillamente, lavori di trasformazione del porto finanziati con soldi pubblici a quanto pare anticipati dalla Deutsche Bank per favorire di fatto attività di alcune aziende private che grazie a questo investimento avranno notevoli vantaggi mentre gli ortonesi comuni avranno da queste scelte basate sulla disinformazione solo svantaggi e danni!
Nel frattempo, tra il più totale disinteresse del Consiglio regionale, oltre all’ENI due società straniere (la Petroceltic irlandese e la MOG inglese) si sono aggiudicati numerosissimi permessi di ricerca e coltivazione di petrolio e gas dalla Maiella all’intera costa abruzzese per un’estensione paragonabile a circa il 35% dell’intero territorio!
E voi sapete bene, perché non è ammissibile che non lo sappiate, che questa nuova invasione barbarica porterà all’Abruzzo insignificanti ed effimere ricadute economiche ed occupazionali a fronte di danni devastanti e duraturi per l’ambiente, per la salute umana e per l’economia agricola e turistica!
Ed ancora, l’ENI, nonostante il veto della legge regionale 2/2008, sta cercando di perfezionare i compromessi di vendita con i proprietari dei terreni agricoli su cui dovrebbe insediarsi il complesso petrolifero.
Solo alcuni di voi Consiglieri hanno preso posizione, per quanto larvata, per cercare di aiutare questi agricoltori sottoposti dagli emissari dell’ENI a pressioni di ogni genere al punto da essere interpretate come delle vere intimidazioni pur di ottenere il perfezionamento dei compromessi di vendita, compromessi che sembrerebbero comunque già scaduti e con vizi di forma.
Proprio per oggi l’Eni ha convocato i proprietari presso uno studio notarile di Ortona; quanti di voi assisteranno legalmente e moralmente questi uomini, lasciati soli di fronte a responsabilità più grandi di loro?
In pratica l’indifferenza o la scarsa conoscenza dell’argomento da parte di gran parte di voi ha delegato il futuro dell’intera Regione, in termini di salute, sviluppo economico e degrado ambientale, nelle mani di una dozzina di agricoltori su cui nessuna struttura pubblica o esponente politico ha fatto una qualsiasi azione di sostegno o, cosa ancor più grave, di informazione.
Il 30 novembre si avvicina sempre di più e così vi rimane ancora poco tempo per riscattare il vostro buon nome di amministratori probi e difensori della cosa pubblica, non fatevi scappare questa occasione per recuperare immagine e dignità agli occhi di noi cittadini!
Per quanto ci riguarda se il così detto centro oli di Ortona venisse mai costruito vi informiamo che siamo già pronti a finanziare la costruzione di numerosi monumenti lapidari, come quelli che esistono in tutte le nostre piazze e sedi comunali a ricordo dei caduti in guerra; su questi monumenti verranno scritti a chiare lettere non i nomi di chi ha provato a combattere il centro oli e tutto quanto ad esso connesso, bensì quelli di coloro che ne hanno sostenuto e quindi permesso la costruzione in modo tale che le generazioni future, quelle che avranno i maggiori danni da tale scempio, a decine e decine di anni dalla chiusura dei pozzi e degli impianti sapranno ogni giorno chi maledire per le loro disgrazie.
Con viva preghiera di riflessione!

domenica 21 settembre 2008

ECOTURISMO E SVILUPPO SOSTENIBILE: IMPARIAMO DALLA LIBIA!

Seif al Islam, 35 anni, è uno dei figli del leader libico Gheddafi, detentore di un PHD (in pratica un dottorato di ricerca) ottenuto presso la London School of Economics; è identificato da molti come il successore del padre e comunque è una delle figure più importanti ed influenti della Libia.

Saif al Islam Gheddafi ha chiamato

il famoso architetto Norman Foster a presiedere la Green Mountain Conservation and Development Authority (GMCDA) una sua idea per creare nella zona dell’antica Cirene quella che sembrerebbe la più grande area ecocompatibile del mondo.

In pratica Saif ha identificato 550 mila ettari (5.500 kmq!) compreso 200 chilometri di costa per trasformarli in un’area dedicata all’ecoturismo di qualità, dove tutte le strutture abitative e logistiche saranno costruite secondo concetti innovativi rispettosi dell’ambiente e l’energia sarà prodotta da sistemi eolici e solari; il progetto prevede di assorbire il tasso di disoccupazione della zona attualmente del 30% e di lanciare un modello di sviluppo innovativo e duraturo nel tempo.

A Saif alcuni giornalisti hanno chiesto il perché di una simile scelta nonostante la Libia galleggi letteralmente sul petrolio.

Saif al Islam Gheddafi ha risposto: “…noi amiamo il nostro territorio e ci stiamo impegnando per un suo sviluppo che guardi al futuro e che sia in grado di preservarne le caratteristiche ambientali. Non vogliamo fare la fine della Spagna, della Francia e dell’Italia che con le raffinerie ed il petrolio hanno distrutto il mare e le loro coste.”

(Questo articolo è dedicato a tutti gli abruzzesi che pensano che il petrolio, le raffinerie ed in genere le ciminiere siano sinonimo di sviluppo!)