venerdì 8 aprile 2011

MINISTRO PRESTIGIACOMO SENZA NESSUN CONFLITTO DI INTERESSI



Via libera per le trivellazioni alle Isole Tremiti
Le ricerche inizieranno a 26 km di distanza dalle Diomedee

Via libera alla perforazione dei fondali marini al largo della costa termolese. La Petroceltic Elsa, multinazionale irlandese dell’oro nero, potrà realizzare pozzi petroliferi in una zona a soli 26 chilometri dalle isole Tremiti e a una quarantina dal litorale. La svolta è arrivata solo qualche giorno fa e con precisione il 29 marzo scorso, quando il Ministero dell’Ambiente ha ufficializzato il parere positivo per la ricerca di petrolio in mare.
Il rischio che i fondali marini molisani e abruzzesi, ma soprattutto quelli vicini alle Diomedee, vengano squartati dalle perforazioni della società irlandese era balzato alle cronache circa un anno fa, quando proprio dal Comune delle isole Tremiti arrivò un grido d’allarme recepito dall’intera provincia di Foggia. Sull’isola di San Domino si tenne infatti un partecipato consiglio provinciale che convinse il ministro Stefania Prestigiacomo a un parziale dietrofront. Niente autorizzazione e palla di nuovo alla Valutazione di impatto ambientale.
Ma un anno dopo arriva la doccia fredda con il sì definitivo della Prestigiacomo che segue quello del Via e ancora prima, quello dei Beni Culturali. Ora, la ditta potrà acquisire dati petroliferi tramite riflessione sismica e potenzialmente potrà far partire la perforazione di pozzi petroliferi. Le prime risposte preoccupate arrivano dall’Abruzzo, o meglio dagli Stati Uniti. Un sos è stato lanciato dalla professoressa Maria Rita D’Orsogna, docente della California University ma abruzzese d’origine.
«La Petroceltic – spiega - é autorizzata a compiere riflessioni sismiche nel mare, con micro-esplosioni spesso dannosi a cetacei e delfini, per acquisire dati sulla presenza di petrolio nel sottosuolo. In caso positivo, la ditta potrebbe realizzare un pozzo esplorativo, simile ad Ombrina Mare, trivellato nel 2008».
Ma le sue paure non si fermano qui. «La concessione denominata d505 si trova a 40 chilometri dalla costa e a soli 26 chilometri dalle Isole Tremiti. In giacenza presso il ministero ce ne sono altre, su aree più vicine alla riva. Temiamo che il permesso d505 sia solo il primo di una lunga serie e che autorizzarlo innescherà una catena di altri permessi ed autorizzazioni, in mare ed in terraferma».
Da Sannicandro.org
Foggia – La Puglia ripudia il petrolio in mare, il Governo no
Pubblicato: venerdì, 1 aprile 2011 Commenta questo articolo • Nessun commento • Torna alla pagina iniziale
LA Conferenza di Servizi di ieri ha espresso parere negativo della Regione sulla ricerca del petrolio a largo delle coste pugliesi presentata Northern Petroleum. La società petrolifera aveva messo sul tavolo ben 7 progetti con richiesta di Valutazione di Impatto Ambientale per l’esame del rischio sismico, evitando, in tal modo, la valutazione complessiva delle criticità ambientali che possono derivare dall’attività di “prospezione, ricerca e coltivazione” degli idrocarburi. Nel Bollettino del Ministero dello Sviluppo Economico è consultabile l’elenco, approvato dal decreto del 22 ottobre 2010, degli “esplosivi, accessori detonati e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all’impiego nelle attività estrattive”. Sono compresi polveri nere da mina, miscele detonanti per rilievi sismici, cariche cave per pozzi petroliferi e esplosivi di sicurezza utilizzabili in sotterranei grisutosi e/o con polveri infiammabili.
L’assessore all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, in conferenza stampa, ha spiegato che la N.P. aveva provveduto a spostare le piattaforme dalle 12 miglia previste in un primo tempo, alle 15 miglia attuali che, pur essendo acque internazionali, costituiscono sempre un’area di interesse economico esclusivo del nostro Paese. “Vedremo – continua l’assessore – se il Ministero per l’Ambiente vorrà ugualmente rilasciare questo permesso, ignorando il rilevantissimo impatto ambientale che, in un corridoio di mare come l’Adriatico avrebbero le piattaforme petrolifere off shore con conseguente attività di desolforazione che verrebbe eseguita il loco, e dovuta all’elevato tenore di zolfo degli idrocarburi adriatici”. (Guarda la notizia su Press Regione Web News).
Il parere espresso dalla Regione risultano, infatti, non vincolanti nella decisione finale, dato che l’esclusività nelle scelte energetiche compete al Governo centrale, con un ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo in chiaro conflitto d’interessi in virtù dei suoi ingenti interessi nell’affare nel petrolio. La Ministra è, infatti, titolare del 21,5% della Fincoe di Casalecchio di Reno (BO), quota che detiene anche sua sorella Maria Pia e il papà Giuseppe, vicepresidente di Confindustria a Siracusa col 10%. I 3 insieme hanno la maggioranza assoluta dell’azienda, holding di famiglia con radici a Bologna ma interessi in Sicilia.
La Fincoe è proprietaria al 99% della Coemi Spa di Priolo (SR), la Coemi controlla il 60% della “Vetroresina Engineering Development” (Ved) di Priolo (SR), il 22,5% della Ved appartiene al Gruppo “Sarplast s.p.a.” di Priolo (SR) di cui Giuseppe Prestigiacomo ha il 6,5%.
La Sarplast dell’attuale ministro dell’ambiente fallì nel 1997 a causa di una serie di incidenti e malattie dei dipendenti e nel 2000 finì sotto inchiesta da parte della Procura di Siracusa con un fascicolo che parla di lesioni colpose. 3 operai hanno avuto figli con malformazioni congenite, altri operai non fumatori si son ritrovati dopo 10 anni polvere nei polmoni, un dipendente morì cadendo da un traliccio, pochi mesi prima un altro dipendente rimase gravemente ferito. Un’irruzione della Polizia nelle aziende dei Prestigiacomo rilevò una serie di violazioni. Queste portarono la Procura di Modica a rinviare a giudizio i gestori per aver inquinato le falde acquifere “con modalità illecite e nocive per l’ecosistema, ma che avrebbe consentito risparmi per decine di milioni di euro”, come si legge nelle carte processuali.
Per bonificare l’area fu chiamato lo stesso Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e lo Stato, nel 2008, mise a disposizione 774 milioni di euro, ma di questi – secondo Giorgio Mottola in un articolo su quotidiano Terra – “solo poco più di 220 milioni sono a carico delle società che hanno provocato”. La Prestigiacomo si ritrovò a rivestire allo stesso tempo il ruolo e di controllore e di controllato.

Il gravissimo incidente occorso quasi un anno fa alla British Petroleum durante operazioni di completamento di pozzi petroliferi in acque profonde del Golfo del Messico, a 30 miglia dalla costa della Louisiana spinse l’allora Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola spinse a un convocazione, degli operatori petroliferi offshore (ENI e EDISON) per essere sentiti in merito ai sistemi di sicurezza ed emergenza sulle 115 piattaforme presenti nei mari italiani, sospensione di ogni eventuale nuova autorizzazione alla perforazione di nuovi pozzi di ricerca di petrolio in mare fino alla conclusione degli accertamenti della commissione e a sopralluoghi presso i 3 soli impianti di produzione di petrolio operanti nei mari italiani per una verifica straordinaria dell’efficienza e della funzionalità dei sistemi di sicurezza e dei piani di emergenza previsti. Scajola presentò poi le dimissioni nell’estate 2010 per lo scandalo relativo alla cricca Anemone.
Terminata “l’onda emotiva mediatica” sugli eventi nel Golfo del Messico, sono stati accordati 3 permessi di ricerca di idrocarburi (due tra Taranto e Lecce, uno a Foggia) più 8 permessi di trivellazioni (coltivazioni) accordati dal Ministero dello Sviluppo Economico, Ufficio Nazionale Minerario per gli idrocarburi e le georisorse. Il Bollettino Ufficiale degli idrocarburi N 9 del 31 Ottobre 2010 comprende anche le famigerate ricerche petrolifere off-shore nell’Adriatico operate dalle società Northern Petroleum, Eni e Petroceltic Elsa, il 30,28% del totale viene operata in Puglia, più precisamente tra il braccio di mare ad est delle Isole Tremiti (Foggia) e Molise e tra Brindisi e Lecce.
da Stato Quotidiano

Nessun commento: