sabato 13 agosto 2011

Petrolizzazione in Abruzzo: storie di silenzi ed inganni

Inviate ufficialmente la petizione con 50.150 firme ai politici e alle autorità europee e nazionali
Da ormai 10 anni (dal 2001) i petrolieri lavorano alla petrolizzazione e al conseguente declassamento dell’Abruzzo da regione verde d’Europa a regione Nera d’Europa. Sono interessati 221 comuni su 305. Il 90% della popolazione.
Durante le elezioni regionali del 2008 tutti i partiti si dichiaravano contrari al petrolio e soprattutto alla costruzione delle raffinerie…la paura di perdere consenso e voti fa anche di questi miracoli, il commento dei cittadini…
In realtà, per Nuovo Senso Civico, apparentemente la maggioranza al Consiglio Regionale “finge” di essere contraria e propone una legge nel 2009 che poi verrà impugnata dal Governo centrale neanche un mese dopo. Una legge definita dall’associazione “legge perizoma” nel senso che avrebbe difeso ben poco del nostro territorio.
Il problema rimane. L’attuale governo nel 2008 stabiliva che l’Abruzzo doveva diventare DISTRETTO MINERARIO. Come la Basilicata dove la disoccupazione invece di diminuire è aumentata, così come sono aumentati in maniera esponenziale i problemi di salute e di inquinamento ambientale dovuti alle trivellazioni ed alla raffineria. RICCHEZZA PER POCHI, MISERIA PER TUTTI GLI ALTRI.
I favorevoli alla petrolizzazione parlano di migliaia di posti di lavoro in ballo.
FALSO, rispondono le associazioni. Il centro oli di Ortona avrebbe dato lavoro a 29 persone, tecnici specializzati quasi tutti di fuori regione… In compenso se ne perderebbero migliaia nel settore dell’agricoltura, del turismo e del commercio (non a caso questi settori da sempre combattono energicamente contro attività così impattanti).
In seguito alle numerosissime “Osservazioni” fatte dai cittadini, dalle numerose Associazioni e da molte amministrazioni locali compresa la Provincia di Chieti, le concessioni per le estrazioni della Petroceltic vengono bloccate. Ma non si fa in tempo a gioire che il 29 marzo 2011 un decreto del Ministero dell’Ambiente dava parere positivo sulla compatibilità ambientale
per effettuare ricerche di fronte alle isole Tremiti e quindi anche davanti alla costa Abruzzese.
Grande manifestazione a Termoli il 7 maggio 2011. Presenti: Regione Puglia e Regione Molise. ASSENTE: REGIONE ABRUZZO…come sempre…
E ancora. A Bomba e nella Val di Sangro i cittadini aspettano con apprensione la decisione della Regione sulla raffineria di gas che dovrebbe sorgere a qualche centinaio di metri dal lago. Una raffineria altamente inquinante che dovrà depurare un gas “sporco” e puzzolente con emissione di idrogeno solforato (UN GAS ALTAMENTE TOSSICO PER L’UOMO E PER L’AMBIENTE) che verrà BRUCIATO notte e giorno da due ciminiere alte più di 40 metri PER I PROSSIMI 14 ANNI… ed il tutto in compagnia del rischio della rottura della diga a causa del fenomeno della subsidenza dovuto alle estrazioni. EVVIVA la vocazione turistica dell’Abruzzo!!!
Ricordo che 22 COMUNI hanno deliberato contro la raffineria di Bomba così’ come ha detto NO la PROVINCIA DI CHIETI.

Per salvaguardare la salute dei cittadini, dell’ambiente, pensando alle future generazioni e per contrastare gli interessi DI PICCOLE SOCIETA’ STRANIERE che a fronte di qualche migliaio di EURO DI TASSE SULLE ESTRAZIONI che non basterebbero neanche a ripagare lontanamente i danni procurati, le Associazioni Nuovo Senso Civico e Difesa Dei Beni Comuni hanno presentato ufficialmente 50.150 (CINQUANTAMILACENTOCINQUANTA) firme regolarmente certificate dal Tribunale di Lanciano.
I cittadini chiedono la revoca di tutti i permessi di ricerca, coltivazione e lavorazione di idrocarburi sull’intero territorio e sulle coste antistanti per gravi motivi ambientali ai sensi dell’art. 6, comma 11 e dell’art. 9, comma 2 della Legge 9 gennaio 1991 n. 9.
Questo certificato è stato spedito: al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dello Sviluppo Economico, al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al Presidente della Giunta Regionale dell’Abruzzo, al PARLAMENTO EUROPEO, al Sottosegretario alla Presidenza del consiglio On. Gianni Letta, al Presidente Ministro per il Turismo, ai Presidenti delle Province Abruzzesi, ai singoli Parlamentari Abruzzesi di Camera e Senato, ai singoli Consiglieri Regionali della Regione Abruzzo, al Presidente della Giunta Regionale della Puglia, al Presidente della Giunta regionale del Molise, al Presidente della giunta Regionale delle Marche.

Un’ultima cosa: ad Agosto, dopo che il Tar del Lazio il 27 luglio accoglieva il ricorso del WWF e delle altre Asssociazioni contro la ricerca di fronte alle isole Tremiti, la società inglese Spectrum Geo ltd ha presentato altre tre istanze per l’avvio della valutazione di impatto ambientale per la ricerca di idrocarburi su un’area di 45.000 chilometri quadrati dall’Emilia alle Puglie passando per l’Abruzzo…
Bene, continueremo a lottare più di prima.
Loro non si arrenderanno facilmente.
NOI NON CI ARRENDEREMO MAI.

A cura di Franco Cicchini NSC Val di Sangro

LETTERA AL GOVERNO

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi
Piazza Colonna, 370
00187 ROMA

Al Ministro dello Sviluppo Economico
Via Molise, 2
00187 ROMA

Al Ministro dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare
Via Cristoforo Colombo, 44
00147 ROMA

Al Presidente della Giunta Regionale
Dell’Abruzzo
Palazzo dell’Emiciclo
67100 L’AQUILA

Al Parlamento Europeo
Avenue du President R. Schuman
CS 91024, F-67070
STRASBURG CEDEX

e p. c.
Al Sottosegratario alla Presidenza del
Consiglio On. Gianni Letta
Palazzo Chigi
Piazza Colonna, 370
00187 ROMA

Al Ministro per il Turismo
Via Ferratella in Laterano, 51
00184 ROMA

Ai Presidenti della Province Abruzzesi

Ai singoli Parlamentari Abruzzesi di
Camera e Senato

Ai singoli Consiglieri Regionali
Della Regione Abruzzo

Al Presidente della Giunta Regionale
Della Puglia
Lungomare Nazario Sauro, 33
70121 BARI

Al Presidente della Giunta Regionale
Del Molise
Via XXIV Maggio, 130
86100 CAMPOBASSO

Al Presidente della Giunta Regionale
Delle Marche
Via Gentile da Fabriano, 9
60122 ANCONA


Le Associazioni Nuovo Senso Civico e Difesa Beni Comuni, di fronte alla deriva petrolifera che ha investito l’Abruzzo, hanno stilato una petizione, riportata nell’allegata attestazione da parte della Cancelleria del Tribunale di Lanciano – la quale certifica essere state raccolte in calce alla detta petizione 50.150 (cinquantamilacentocinquanta) firme - indirizzata, al Ministro dello Sviluppo Economico, al Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, al Presidente del Consiglio, al Presidente della Regione Abruzzo, al Parlamento Europeo, nella quale si fa formale richiesta di revoca di tutti i permessi di ricerca, coltivazione e lavorazione

di idrocarburi, sull’intero territorio della regione Abruzzo e sul mare antistante le sue coste, per gravi motivi ambientali, ai sensi dell’art. 6 , comma 11 e dell’art. 9, comma 2 della Legge 9 gennaio 1991 n. 9”.
La raccolta delle firme è iniziata due anni or sono e in questa arco di tempo i membri delle menzionate due associazioni hanno fatto un’opera continua di informazione dei cittadini in occasione di feste, ricorrenze o quando se ne presentava l’opportunità, raccogliendo adesioni perfino lungo le spiagge. Questa immane fatica nasceva da una presa di coscienza del fatto che, se il terremoto abruzzese è stato certamente la sciagura più visibile, l’Abruzzo ne sta vivendo un’altra, meno clamorosa ma non per questo meno lesiva: come stabiliva la legge obiettivo del 2008, si vuole fare della nostra terra una regione mineraria petrolifera, insistendo in un progetto di petrolizzazione del 50% del nostro territorio, sui cui vive il 90% della sua popolazione!
Questa è la situazione che si evince dal Ministero dello Sviluppo Economico UNMIG a partire del 1927 e a tutto il 2010:
pozzi da idrocarburi perforati a terra 554; sterili 229; con esito sconosciuto e abbandonati 21; meno di 10 vecchi pozzi, classificati stratigrafici, abbandonati; un numero incerto, ma inferiore a 10, hanno avuto incidenti non rimediabili. Ai pozzi attivi si dovranno aggiungere, ove ottenessero la concessione, 2 pozzi a gas a Colle Sciarra, e il pozzo Miglianico, bloccato dalla proteste popolari. Per quel che riguarda i pozzi ancora da perorare in terra ferma, 30 potrebbe essere il loro numero: ciò che è certo è che ci sono 11 istanze di permesso e 3 di concessioni.
I pozzi nel mare abruzzese sono 184, di cui 21 sono risultati sterili. Resta sconosciuto il numero di pozzi in mare ancora da perforare, sulla base delle istanze presentate. I pozzi si esauriscono al massimo in 35-40 anni. Va infine segnalato che i rinnovi dei pozzi attivi in mare, concessi l’anno scorso SONO ILLEGITTIMI, poiché nessuna delle Compagnie richiedenti si è adeguata alle nuove direttive europee emesse dopo l’incidente del Golfo del Messico: tutto questo è avvenuto senza che il competente Ministero rilevasse detta illegittimità e senza

che la Regione Abruzzo facesse alcun rilievo, nonostante i suoi proclami contro le deriva petrolifera.
Va inoltre considerato che le piattaforme, che negli U.S.A. possono essere realizzate solo alla distanza di 160 Km dalle coste, in Abruzzo sono state realizzate a breve distanza da una costa bellissima e solo dopo il Decreto Prestigiacomo, divenuto legge vigente (art. 5 del D. Legislativo n. 152/2006) possono essere realizzate a non meno di 5 miglia dalla costa. Ciò nonostante, ove si verificasse nell’Adriatico, che è poco più di un lago, un incidente mille volte più piccolo di quello del Golfo del Messico, sarebbe il disastro: l’Adriatico tornerebbe come oggi solo dopo un secolo.
Orbene, il petrolio abruzzese, definito tecnicamente petrolio amaro per la sua scarsa qualità, essendo intriso di zolfo e di altri elementi che lo relegano agli ultimi posti nella graduatoria della qualità definita dall’Istituto Governativo Americano per il Petrolio, (pari a 12 su una scala da 8 a 52), con estrema difficoltà permette la produzione di benzine: in realtà da esso per lo più si può ricavare solo olio combustibile.
Per essere trasportato necessita di una prima lavorazione in loco, che può essere fatta anche su Centri Oli galleggianti (raffinerie per la desolforazione), come era previsto per Ombrina Mare (progetto di recente bocciato dal Ministero) o direttamente sulle piattaforme, immettendo nell’aria ingenti quantità di idrogeno solforato ed altri inquinanti, senza la possibilità di alcun controllo da parte delle autorità locali essendo esse off-shore.
La Medoil Gas S.p.A., per il menzionato progetto Ombrina Mare, aveva dichiarato che il centro oli galleggiante avrebbe rilasciato in atmosfera: “47 kg ora in esercizio, 50.740 kg ora in blocco DEA, 2.468 kg ora in blow-down di gas e fumi”, classificati tutti cancerogeni dall’OMS.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa i limiti di idrogeno solforato tollerabili per l’uomo in 0,005 parti per milione, gli USA in 0,001, in Italia il limite è stato fissato, con una legge di certo ispirata

dai petrolieri, a 30 parti per milione, e cioè 6.000 volte più dell’OMS, 30.000 volte più degli USA.
L’estrazione del nostro petrolio non è una necessità nazionale, poiché ad essa sono interessate piccole società straniere con scarsi o scarsissimi capitali che, non potendo partecipare alle grandi campagne di ricerca mondiali, puntano a diventare proprietarie del petrolio abruzzese in cambio di irrisorie royalties rilasciate allo Stato, precisamente del 10% di quello estratto (anzi, di quello che le Compagnie dichiarano di avere estratto) sulla terra ferma e del 4% di quello estratto in mare, e cioè le più basse del mondo, mentre negli altri paesi arrivano fino al 90% (Libia 90% - Indonesia 83% - Russia 80% ecc.). Perciò non si obietti che, la scelta antinucleare fatta dal popolo italiano, induce il Governo a rilasciare i permessi di ricerca e coltivazione del nostro petrolio. Inoltre, queste piccole società straniere non offrono alcuna garanzia di sicurezza, e quando diventano titolari di una concessione debbono chiedere in prestito a quelle più grandi le attrezzature necessarie.
In tutto l’Abruzzo l’attività petrolifera è già molto forte e, se non si riuscirà a bloccare tale deriva petrolifera, prossimamente dovrebbero entrare in funzione una quindicina di altri pozzi offshore : e tuttavia nessun Comune ha mai visto i risultati economici di questa pseudo ricchezza.
I vertici della Confindustria di Chieti parlano di una ricchezza sotto la nostra terra che non possiamo permetterci di lasciare inutilizzata: ma dimenticano di dire che essa apparterrà alle industrie che avranno le concessioni, e cioè quelle piccole società straniere che stanno brigando per ottenerle. I vertici della Confindustria teatina promettono grandi investimenti nel settore, capaci di creare migliaia di posti di lavoro. Sono assolute bugie. Nell’industria petrolifera i posti di lavoro sono sempre molto pochi, ma, al contrario, ben più numerosi sono quelli che tale tipo di industria distrugge (ad esempio nell’agricoltura e nel turismo): si veda quel che è accaduto in Basilicata, dove la Val D’Agri, un tempo famosa per i vini, è stata

devastata dall’industria petrolifera, in cui non sono stati creati nuovi posti di lavoro e in cui le royalties accumulate non sono state spese in misure compensative della rovina dell’ambiente, ma solo per colmare il pozzo senza fondo dei debiti della Regione.
Solo pochi hanno goduto e godono di vantaggi economici legati alle attività estrattive, mentre tutti gli altri abruzzesi avranno solo aria e cibo inquinati, in pratica l’anticamera per patologie tumorali. La verità è che non c’è alcun interesse della collettività a consentire l’estrazione del petrolio nella Regione Verde d’Europa, ma anzi c’è un interesse di tutta la società abruzzese a impedire questo scempio. Bisogna riaffermare una verità: l’Abruzzo ha scelto da alcuni decenni un tipo di sviluppo fondato sull’industria manifatturiera, su una agricoltura capace di immettere sul mercato prodotti d’eccellenza (come ad esempio vini che si stanno affermando a livello mondiale), su un turismo che ha grandi prospettive di sviluppo: sulla sola Costa dei Trabocchi nel 2010 l’afflusso dei turisti ha raggiunto 5.500.000 presenze e si punta a raddoppiare tale numero.
Per tali motivi la scelta è stata la preservazione dell’ambiente con la creazione dei parchi che coprono oltre il 30% del suo territorio (ed anzi altri parchi reclama, come quello della Costa Teatina, che dovrà essere attraversato da 40 km di pista ciclabile lungo la vecchia area di risulta della ferrovia), e di altre aree variamente protette.
L’Abruzzo inoltre possiede il 7% del patrimonio artistico e monumentale italiano. Per questi motivi, lasciare che queste attività estrattive continuino ed anzi vengano incrementate in tutto l’Abruzzo, una terra fatta di alte montagne e di una costa bellissima, con la sua trasformazione in distretto petrolifero, degraderebbe inesorabilmente ogni sua possibilità di sviluppo lungo le linee che si dato da decenni.
Al posto di una insensata petrolizzazione, occorre promuovere politiche di sviluppo delle energie rinnovabili, oltre che dirette ad ottenere efficienza e risparmio energetico.
Gli Abruzzesi sono decisi a fermare questo scempio, così come sono riusciti a fare i Veneti, i Piemontesi, i Toscani e i Brianzoli:

ultimamente in Brianza i Sindaci, ponendosi alla testa di un vasto movimento popolare, sono riusciti a bloccare la realizzazione di due nuovi pozzi petroliferi e dei relativi impianti connessi. In Abruzzo contro questa deriva si stanno organizzando, insieme a partiti, sindaci e presidenti di provincia, a prescindere dall’orientamento politico di ciascuno (“trasversalità” è l’idea che li ispira), associazioni, movimenti e categorie produttive, che da tempo sono sensibili alla tematica sopra citata.
Per quel che riguarda l’estrazione del gas - quello abruzzese ha le stesse caratteristiche di impurità del petrolio - va escluso che possa avvenire a breve distanza dalla costa o in Val di Sangro, ove la società americana Forest Oil, intende scavare dei pozzi per l’estrazione del gas (Colle Santo) con annessa raffineria, poco a valle della diga di Bomba: sono gli stessi pozzi che l’AGIP, inizialmente titolare della concessione, rinunciò a realizzare adducendo che la prevedibile subsidenza, in un’area geologicamente instabile perché investita da numerose frane, e ai piedi di una diga di terra, avrebbe potuto costituire un grave pericolo, scongiurabile in un solo modo: svuotando completamente il lago degli 80 milioni di metri cubi di acqua (e non 4, come ha scritto nei documenti presentati la Forest), che lo riempiono. Orbene, poiché l’abbassamento del suolo si è verificato ovunque in Italia sono state fatte estrazioni di idrocarburi, è altamente probabile che, nel nostro caso, ne possa risultare destabilizzata la diga, che ha una spalla attaccata alla roccia ma l’altra è appoggiata ad un terreno estremamente fragile e franoso. Né servono a molto i sensori che la Forest Oil promette di installare, poiché, se si verificasse un cedimento differenziale della diga e si determinassero delle infiltrazioni, come potrebbe essere smaltita quella enorme massa di acqua?
E’ appena il caso di ricordare che nel nostro Paese le tragedie sono quasi sempre annunciate e che nell’area di pianura della Val di Sangro c’ è una città diffusa in cui vivono 15 mila persone e vi sono fabbriche che danno lavoro a circa 13 mila operai.
Va poi considerato che accanto ai pozzi vi sarà una raffineria e quella valle stretta e lunga, oltre che popolosa, farà da imbuto e porterà i fumi
alternativamente, verso la montagna e verso il mare, a seconda del quotidiano alternarsi della direzione dei venti. Nel confronto tra i tecnici della Forest e la popolazione, avvenuto il 5 giugno 2011, è venuto fuori che l’unico impianto dello stesso tipo esiste solo in una zona desertica del Texas, a centinaia di chilometri dai centri abitati.
Credo sia superfluo spiegare che se si chiede la revoca di tutte le concessioni, A MAGGIOR RAGIONE CI SI OPPONE A NUOVE CONCESSIONI, CONTRO LE QUALI LE POPOLAZIONI ABRUZZESI LOTTANO DA OLTRE TRE ANNI, NEL CORSO DEI QUALI HA DATO VITA A GRANDIOSE MANIFESTAZIONI UNITARIE, CON ALLE TESTA I SINDACI DI OGNI PARTE POLITICA, COME QUELLA DEL 18 APRILE 2010 A S. VITO CHIETINO, QUELLA DEL 30 MAGGIO 2010 A LANCIANO (ALLA QUALE HANNO PARTECIPATO, PUR SOTTO UNA PIOGGIA BATTENTE, OLTRE 8.000 PERSONE) E QUELLA DEL 25 LUGLIO 2010 A FOSSACESIA.
Il Governo centrale e quello regionale non sottovalutino queste richieste e tengano presente che l’Abruzzo già in passato ha vinto un’analoga battaglia: nel 1971 la Sangro Chimica, una compagnia del gruppo Texaco, aveva fatto richiesta di installare in Val Di Sangro una grande raffineria di petrolio e il Governo dell’epoca si era espresso favorevolmente e per essa si era speso anche un noto ministro abruzzese. Anche allora si disse che era una necessità nazionale, benchè l’Italia raffinasse il 40% in più del petrolio che consumava (facendo questo servizio per altri Stati e perfino con i contributi della Cassa per il Mezzogiorno !). Le popolazioni lottarono per ben cinque anni ed alla fine vinsero, poiché la Compagnia petrolifera dovette prendere atto del tenace rifiuto della società abruzzese e rinunciare. Questa vittoria popolare – di cui il Dott. Gianni Letta dovrebbe conservare memoria - aprì la strada alla industrializzazione della Val di Sangro, con la venuta della Fiat, che aveva messo in chiaro di essere incompatibile con la prossimità di una raffineria.
Perciò le Autorità in indirizzo accolgano questa petizione e non spingano gli abruzzesi all’esasperazione. Sappiano che la lotta continuerà e sarà sempre più intensa fino a quando l’obiettivo non verrà raggiunto.

Si allega attestazione da parte della Cancelleria del Tribunale di Lanciano.

Lanciano, li 20 luglio 2011

Alessandro Lanci Presidente di Nuovo Senso Civico

Claudio Censoni Presidente dell’Associazione Difesa Beni Comuni

GRAZIE ALL'AVVOCATO ENRICO GRAZIANI PER AVER CONTRIBUITO IN MANIERA DETERMINANTE ALLA RACCOLTA DELLE FIRME E PER LA STESURA DEGL’ATTI INVIATI AD ISTITUZIONI, ENTI E POLITICI.
GRAZIE A TUTTI I VOLONTARI DI NSC E DIFESA BENI COMUNI


mercoledì 3 agosto 2011

Rifiuti tossici, studio risultati choc: +20% tumori in aree inquinate



Published domenica, febbraio 27, 2011 By RobertaLemma. Under Abruzzo Campania Umbria, Basilicata Puglia Calabria, Contaminazioni, Fabbriche della morte, News Tags: 20% tumori, inquinamento, rifiuti tossici, risultati choc, studio

NAPOLI – Un aumento di tumori, leucemie ed altre gravi patologie con picchi del 20%. È la rivelazione contenuta nello studio choc compiuto tra l’Italia e gli Stati Uniti sulla Campania e le altre regioni meridionali. Un incremento anomalo e preoccupante che, secondo gli esperti, risulta strettamente correlato con lo sversamento di rifiuti tossici.
L’indagine, che verrà resa nota ufficialmente nelle prossime settimane, è stata realizzata dalla Sbarro Health Research Organization – l’istituto di Philadelphia diretto dall’oncologo napoletano Antonio Giordano – in collaborazione con l’Università di Siena, il Crom di Mercogliano, l’ospedale di Pagani e d’intesa con il senatore Ignazio Marino, presidente della commissione d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale.
Le malattie che hanno avuto una maggiore diffusione sono numerose: tumori al polmone, alla mammella, al colon ed allo stomaco ma anche leucemie e varie tipologie di infezioni, più o meno gravi. Sotto la lente d’ingrandimento sono finite soprattutto le province di Napoli e Caserta ed alcune zone del Salernitano, in primis l’Agro-nocerino-sarnese. Ma un discorso simile riguarda altri territori del Sud che in passato sono stati oggetto, come la Campania, di massicci sversamenti di sostanze tossiche da altre parti d’Italia: Calabria, Puglia, Sicilia.
Ce n’è abbastanza, osservano i ricercatori, per parlare di «bomba ecologica», rispetto alla quale bisogna correre subito ai ripari. E allora gli approfondimenti proseguono senza sosta e si è arrivati ad una sorta di work in progress: tra gli obiettivi da raggiungere c’è l’identificazione di tutte le sostanze pericolose presenti nel terreno e quindi potenzialmente dannose per la salute. È il caso della diossina, del mercurio, dell’amianto, del cloruro di vinile. Sulla base di questi elementi sarà poi possibile mettere a punto cure specifiche allo scopo di prevenire o contrastare i diversi tipi di patologie diffusi tra la popolazione.
Uno dei prossimi passi sarà inoltre la pubblicazione di un libro bianco, curato dall’infettivologo Giulio Tarro, con la mappa delle aree a rischio e gli interventi da compiere per fronteggiare e superare quest’emergenza. «Appare certamente prioritario avviare le bonifiche dei territori devastati dai rifiuti tossici. Solo così riusciremo ad arginare una piaga che altrimenti potrebbe raggiungere livelli ancora più drammatici – spiega Giordano – In parallelo lo screening va potenziato per fare chiarezza fino in fondo sulla vicenda ed adottare le necessarie contromisure. Un aspetto inquietante riguarda gli effetti che questo tipo di inquinamento potrebbe avere sui prodotti agroalimentari presenti sulle nostre tavole, venduti nel resto del Paese e all’estero».
Per completare le ricerche serviranno, però, risorse aggiuntive. «Ci auguriamo – è l’appello dell’oncologo – che la Regione voglia partecipare a questo progetto che riguarda la salute di tutti i cittadini campani e che deve coinvolgere le istituzioni locali. In caso contrario siamo convinti di poter andare avanti lo stesso grazie all’impiego di fondi messi a disposizione dagli Stati Uniti. Non ci fermeremo, dunque». Giordano chiede infine la collaborazione di altri studiosi e ricercatori italiani: «Dobbiamo unire le forze mettendo da parte gelosie e interessi personali e superando gli eventuali ostacoli che ci troveremo di fronte. Anche da questo punto di vista possiamo contare sul pieno appoggio dell’America che guarda con apprensione al fenomeno. È in gioco il futuro delle nuove generazioni».
di Gerardo Ausiello
Il Mattino di Napoli del 27-2-11 pag.47
http://rebaonlus.eu/it/blog/archives/1084

martedì 2 agosto 2011

L'inceneritore incenerito di Reggio Emila



A Reggio Emilia hanno vinto i cittadini, che hanno incenerito l'inceneritore. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?), Noi neppure.
"Mentre in Regione Emilia Romagna il Pdmenoelle vota compatto pro inceneritore di Parma e contro le alternative del Movimento 5 Stelle, a Reggio Emilia si raggiunge un risultato storico: cancellata la costruzione del nuovo inceneritore e chiuso il vecchio. Inizierà il porta a porta per metà della popolazione. Obiettivo 67,1% di riciclo nel 2014. Si costruirà un impianto di Trattamento meccanico biologico a “freddo”. Le stesse proposte avanzate dai primi anni 2000 dai Comitati e dai Meet Up e portate nelle istituzioni da Beppe Grillo, che venne a Reggio nel 2006 e nel 2007 con in mano (anzi nei bidoncini della raccolta della carta) 15.000 firme. Occorre ora pensare ad obiettivi più ambiziosi. L'inceneritore di Parma è fermo per abuso edilizio, il Tar ha respinto la sospensiva dell’atto avanzata da IREN e su questo appalto è aperta una procedura d’infrazione europea . Inoltre c’è una richiesta di referendum avanzata dal Comitato Corretta Gestione Rifiuti ed il prossimo anno si vota a Parma per il Comune. Dopo Reggio, bisogna cambiare strada e aria anche nella vicina Parma." Movimento 5 Stelle - Reggio Emilia
Francesco Cicchini NSC Val di Sangro