lunedì 26 agosto 2013

NUOVI AGGIORNAMENTI SUL BLOG DI NUOVO SENSO CIVICO

Mettiamo al corrente i nostri lettori che sono state inserite sul blog due nuove pagine di approfondimento raggiungibili cliccando sui titoli sotto la testata:

  1. "BIOGAS & AFFARI IN ABRUZZO" (clicca QUI  )sulle ultime tendenze affaristiche in regione;
  2. DISCARICA DI TOLLO (clicca  QUI ) sulla vergognosa vicenda della discarica di rifiuti tossici e nocivi a Tollo.
Inoltre, sempre su quest'ultimo argomento, abbiamo aggiornato il nostro post "Morti e malati di cancro nella provincia di Chieti - Ecomafie: strage silenziosa in Abruzzo" (raggiungibile QUI  ) con una interessante inchiesta svolta da ZONEDOMBRA.TV che ringraziamo per questo (clicca QUI per visionarla).

Buona, anche se amara, lettura a tutti.


mercoledì 21 agosto 2013

DIETRO LA CENTRALE A BIOGAS DI TORRICELLA PELIGNA LO SFACCIATO CONFLITTO DI INTERESSI DEL SUO SINDACO

(CON UN AGGIORNAMENTO A FINE ARTICOLO DEL 23 AGOSTO 2013)
La bella cittadina di Torricella Peligna meriterebbe di essere ricordata per il grande scrittore John Fante, originario di quel luogo, mentre adesso rischia di esserlo per il meno nobile ma altrettanto eclatante conflitto di interessi del suo Sindaco, Tiziano Antonio Teti, in merito al progetto di centrale a biogas di prossima costruzione in quel Comune.

Infatti il progetto è stato presentato dal fratello Giuseppe Teti con il quale il Primo cittadino è in società nell'azienda agricola di famiglia "La Guardata dei F.lli Teti" che, come dichiarato pubblicamente dallo stesso, fornirà il prodotto per alimentare la centrale (insilati di mais e liquami zootecnici).

La dignità dove l'avete persa, direbbe Vasco Rossi mentre qualcun altro aggiungerebbe: se la suonano e se la cantano...

Questa storia di ordinario malcostume italiano ha mosso i primi passi nel novembre scorso quando a Torricella Peligna la compiacente "Associazione RATI" organizzava un convegno a senso unico per vantare le virtù del biogas. In quell'occasione l'intervento di Nuovo Senso Civico svelò che tra i relatori invitati figurava un certo Dr. Claudio Samarati, indicato genericamente quale "esperto di biogas", che solo qualche mese prima era stato arrestato e condannato ad un anno e sei mesi dal Tribunale di Lodi per corruzione riguardante reati ambientali. Quando si dice lo stile! (per approfondimenti sulla vicenda clicca QUI ).

Sempre in quell'occasione annunciammo l'esistenza del progetto di centrale, ma il Sindaco ed i suoi "supporter" negarono con veemenza arrivando alla nostra espulsione fisica dalla sala in mezzo ad insulti di ogni genere. Un bell'esempio di civiltà, ma per fortuna il tempo è galantuomo.

Esempio che non è rimasto isolato perchè ieri, martedì 20 agosto, nell'incontro con la Cittadinanza convocato dal Sindaco per annunciare finalmente ciò che non poteva essere più negato, non solo non sono state date spiegazioni e risposte ai dubbi sollevati dai cittadini preoccupati, ma si è arrivati a togliere la parola al Presidente di NSC Alessandro Lanci che cercava di motivare le ragioni del no.
Alla faccia della democrazia, della partecipazione e del confronto civile!

A nostro avviso durante la discussione da parte dei sostenitori del progetto (e di qualche tecnico comunale) sono state riferite quantomeno delle inesattezze che meriterebbero di essere chiarite. Per questo lanciamo un appello al Sindaco di Torricella Peligna: se non ha timore, come crediamo, della verità, si renda disponibile ad un vero confronto pubblico sull'argomento, libero da propaganda e "spot" promozionali ma basato su argomentazioni scientifiche e di diritto. Dia la possibilità ai suoi concittadini di valutare obiettivamente ascoltando tutte le voci e poi di decidere liberamente del proprio destino avendo avuto tutti gli elementi per poterlo fare.
Noi siamo pronti come sempre, disinteressatamente ed in qualsiasi momento. Chi ha buone ragioni non ha paura del confronto.

In attesa di questa opportunità anticipiamo al Sindaco Tiziano Teti  che se ci dimostrerà quanto segue:
  • che la centrale in funzione migliorerà la qualità dell'aria del Comune o perlomeno non la peggiorerà, come impone la legge (Decreto Legislativo 155/2012);
  • che verranno adottate tutte le migliori tecnologie per impedire rischi concreti di contaminazione (trattamenti di pastorizzazione) o per evitare dispersioni di calore e di fumi inquinanti da combustione (sistemi di depurazione del biogas in biometano da immettere nella rete metanifera nazionale oppure rete di teleriscaldamento per il recupero del calore) [per approfondimenti su questi argomenti clicca su Il rischio biologico nel business sporco del biogas e su Biogas: quanti incidenti ];
  • che la Comunità di Torricella Peligna trarrà benefici concreti da questa realizzazione sia in termini di salute pubblica che di ricaduta economica collettiva;
  • che in definitiva non si tratta di una mera operazione speculativa resa ancor più agevole dalla posizione privilegiata di "decisori" dei diretti interessati,
allora in questo caso saremmo anche noi tra i principali sostenitori entusiasti dell'intera operazione.
Vogliamo infine ricordare ai tanti distratti per colpa o per dolo che il Sindaco di qualsiasi Comune rappresenta la massima autorità sanitaria locale dotata di ampi poteri che la legge gli impone di utilizzare per proteggere il benessere dei propri concittadini.
Non è un semplice "notaio" neutrale, come qualcuno cercava di sostenere ieri. Tantomeno in questo caso emblematico di colossale conflitto di interessi.
Cittadini di Torricella Peligna, tenete alto il buon nome del vostro Comune, non comportatevi da sudditi ma esigete tutte le informazioni ed i chiarimenti che vi spettano per evitare che tra qualche anno dobbiate pentirvi di decisioni prese con eccessiva leggerezza.
Noi, come a Lanciano, Santa Maria Imbaro, Guardiagrele, Bussi, Cepagatti, ecc.ecc. faremo la nostra parte alla luce del sole, che ci piace tanto anche come fonte di energia davvero pulita e rinnovabile.
NUOVO SENSO CIVICO

amaro P.S. finale: ecco perchè l'Italia è bloccata da più di 20 anni. Perchè tanti (partiti, politici, amministratori, semplici cittadini) che pubblicamente strepitano contro Berlusconi ed i suoi conflitti d'interesse, poi a livello locale, nel privato, dove e quando possono, si comportano allo stesso identico modo.

IL SINDACO DI TORRICELLA PELIGNA NON E' L'UNICO: IL CASO DELLA CENTRALE DI SANT'EUFEMIA A MAJELLA (da Primadanoi.it del 1° agosto 2013 - Noi ne avevamo già parlato nell'ottobre scorso: CLICCA su scandalo biomasse in Abruzzo e su Regione Abruzzo: il conflitto di interessi è un sistema )

COINCIDENZE

La centrale dei conflitti di interessi nel cuore del parco alla ricerca del legno che non c’è

Il Parco Maiella concede il suo nulla osta


SANT’EUFEMIA A MAJELLA. L’amore sfrenato per le centrali a biomasse ha contagiato anche il piccolo comune di Sant’Eufemia a Majella dove sono iniziati già i lavori per l’impianto che piace tanto all’amministrazione comunale.
La centrale termica avrà potenza di 130kw e sorge sul retro dell’edificio che attualmente ospita la Farmacia Comunale sita in via Roma.
Una centrale come tante con qualche particolarità che la contraddistingue.
Il progetto, infatti, è finanziato completamente dalla Regione Abruzzo (settore energia) grazie ad un bando a cui ha partecipato il Comune.
Qualche mese fa (ma è un dettaglio) PrimadaNoi.it aveva scoperto che nel settore energia che ha finanziato l’opera attraverso la predisposizione del bando lavora anche un certo progettista che è titolare della ditta che ha presentato il progetto al Comune di Sant’Eufemia ed è poi stato il vincitore, cioè assegnatario delle risorse.
Un conflitto di interessi evidentemente di poco conto che, infatti, non ha appassionato quasi nessuno.
Da qualche tempo sono iniziati i lavori di costruzione della centrale anche grazie ad un “nulla osta” del Parco della Majella. Non bisogna dimenticarsi, infatti, che la centrale viene costruita all’interno del perimetro dell’area protetta e dunque a regime speciale.
Il documento del Parco non lascia dubbi e dice che non vi sono cause ostative alla costruzione della preziosa centrale, tutta spesata con soldi pubblici.
In data 15 luglio 2013 il direttore facente funzione del Parco Majella, Oremo Di Nino, stabilisce che «la richiesta è afferente unicamente ai lavori per la realizzazione della centrale che ricade in zona del piano del parco» e che la «centrale medesima verrà alimentata dagli scarti delle falegnamerie circostanti «pertanto non sono previsti tagli di piante nel territorio del parco per la produzione di cippato e combustibile di alimentazione della centrale stessa».

Sulla stessa linea si muove anche il parere fornito dal sindaco Francesco Crivelli che al Parco lo conoscono molto bene, essendo un dipendente dello stesso ente (svolge spesso anche funzioni di Rup) il quale dice che la richiesta di nulla osta si riferisce ai manufatti e che il combustibile sarà fornito da «residui di potature, residui da uso civico, acquisto da fornitori terzi, interventi di manutenzione, e diradamento e tra questi gli scarti di falegnamerie e comprendendo solo il legno non trattato» visto che brucerebbe altrimenti anche sostanze pericolose che andrebbero disperse nell’aria.
Ben detto. Così però si scopre un altro piccolo conflitto di interessi che come il primo probabilmente non interesserà quasi nessuno: il sindaco Crivelli scrive al Parco che è l’ente per cui lavora essendo dipendente a tempo indeterminato con funzioni che sono di prestigio e vicine alla segreteria del presidente.
Il nulla osta pare sia arrivato, però, dopo una trafila di epistole tra Parco e Comune a bando già bello che vinto.
Il problema principale tuttavia sarà: una volta realizzata la centrale a biomasse che non disturberà affatto l’ambiente del parco (come certifica lo stesso documento) come sarà alimentata?

Di falegnamerie ce ne sono davvero poche in provincia di Pescara e pochissime nei pressi, inoltre da queste bisogna scartare i legnami trattati e quello che ne rimane è davvero poco legname insufficiente per garantire la “vita” della centrale.
Di tagliare alberi come detto non se ne parla nel perimetro del parco…
Non resterà come tutte le altre centrali già autorizzate in regione che importare cippato e legname da fuori regione o magari nazione.
Dunque costi elevati che vanno ad erodere gli eventuali benefici. Non è che per caso allora si stano sottovalutando aspetti cardine della vicenda?
A questo piccolo particolare sembra non aver pensato alcuno: né il progettista collaboratore della Regione, né il Parco, né il sindaco di Sant’Eufemia Crivelli, né l’altro Crivelli, consigliere di minoranza a Sant’Eufemia della lista “Il cuore della majella”.
Evidentemente nel “cuore della Majella” una centrale a biomasse ci sta bene.
 

domenica 18 agosto 2013

VISITATE LE "PAGINE" DI NSC IN CONTINUO AGGIORNAMENTO

IN QUESTI ULTIMI GIORNI ABBIAMO AGGIORNATO DIVERSE "PAGINE" DEL NOSTRO BLOG CON L'AGGIUNTA DI UNA NUOVA INTITOLATA "ELIPORTO? NO GRAZIE!" DEDICATA ALLA MISEREVOLE VICENDA DELL'ELIPORTO PRIVATO IN COSTRUZIONE A LANCIANO PER IL QUALE SIAMO SEMPRE IN ATTESA DI SVILUPPI POSITIVI PER LA CITTADINANZA.

LE PAGINE SONO FACILMENTE RAGGIUNGIBILI CLICCANDO SUI TITOLI POSTI SOTTO LA TESTATA DEL BLOG E CONTENGONO UTILI INFORMAZIONI SUI PRINCIPALI ARGOMENTI SEGUITI DALLA NOSTRA ASSOCIAZIONE.

INVITIAMO TUTTI I NOSTRI NUMEROSISSIMI LETTORI A SEGUIRLE COSTANTEMENTE E SOPRATTUTTO AD INVIARCI EVENTUALI SEGNALAZIONI E INFORMAZIONI SCRIVENDO A info@nuovosensocivico.it .

BELLI CARICHI CHE CI ASPETTA UNA STAGIONE MOLTO IMPEGNATIVA!

AUGURI A TUTTI.

domenica 11 agosto 2013

CENTRALI A BIOMASSE FUORILEGGE: CE LO DICE LA SCIENZA. E LE AUTORITA' COMPETENTI STANNO A GUARDARE...



Da sempre andiamo affermando che si può inquinare rispettando la legge ed infatti lo si fa abitualmente: si provocano malattie, cancro, morti e disastri ma sempre al riparo dei vari codici in vigore e infischiandosene altamente, in nome del dio denaro, dei danni perenni che vengono provocati alle persone ed al loro habitat.

 

Spesso però, grazie alla "distrazione" di chi dovrebbe controllare e far applicare le norme, neanche le leggi in vigore vengono rispettate ed un clamoroso esempio di tutto questo ci viene dimostrato qui di seguito dal Prof. Federico Valerio che, come ben sapete, è uno dei massimi esperti internazionali nel campo delle biomasse.

 

Per fortuna, grazie al crescente movimento nazionale che si oppone all'indiscriminata ed inutile proliferazione di centrali a biomasse e biogas (facilmente trasformabili all'occorrenza in inceneritori di rifiuti) qualcosa si sta muovendo perlomeno a livello amministrativo locale, come dimostra il caso della Regione Emilia Romagna.

 

E la Regione Abruzzo cosa fa per fermare questa poderosa offensiva che anche da noi promette di generare danni irreversibili a salute ed economia? 

 (Per approfondire clicca su centrali a biomasse in Abruzzo )

"Centrali a biomasse: tutte illegali"

del Prof. Federico Valerio (dal blog "Scienziato Preoccupato")


In Italia, sono ormai un centinaio le centrali elettriche alimentate direttamente o indirettamente, con biomasse, ovvero prodotti vegetali (cippato di legno, scarti alimentari, oli di mais, sansa di olive...) e scarti animali (pollina, scarti di macellazione, deiezioni da allevamenti suini e bovini).  Inoltre, quindici sono gli inceneritori che oggi in Italia producono elettricità bruciando materiali di origine organica (scarti alimentari, materiali cellulosici, sfalci, potature...).

In Italia, nel 2009, complessivamente, risultava installata una potenza elettrica, alimentata a biomasse,  pari a 1.728 mega watt.

Tutte queste centrali esistono, in quanto, inceneritori compresi, permettono affari sicuri, grazie agli incentivi quindicennali generosamente regalati loro, con i Certificati Verdi, certificati pagati da tutti gli Italiani, con l'apposita tassa fissata sulla bolletta della luce.

Ebbene, tutte queste centrali sono illegali!

L'illegalità e' dovuta al fatto che tutti questi impianti, una volta entrati in funzione, hanno peggiorato la qualità dell'aria dei territori che li ospitano con l'immissione in atmosfera di importanti quantità di ossidi d'azoto, polveri sottili e ultra sottili, idrocarburi policiclici aromatici, diossine...

La legge violata e' il  Decreto Legislativo 155/2012 che, tra le sue finalità, prevede di "mantenere la qualità dell'aria ambiente, laddove buona e migliorarla negli altri casi".

E' una finalità chiara, sensata e, sostanzialmente, rispettata fino a qualche anno fa.

Tutte le statistiche dimostrano che, da alcuni decenni, a parita' di produttività, le emissioni inquinanti inviate nell'atmosfera del nostro Paese, sono drasticamente diminuite.

Questo risultato e' stato ottenuto migliorando i combustibili ( gasolio a basso tenore  di zolfo, benzina senza piombo), sostituendo olio combustibile e carbone con gas naturale, con più efficaci trattamento fumi ( filtri a manica, marmitte catalittiche).

Questa tendenza, che ha comportato un progressivo miglioramento della qualità dell'aria del nostro Paese, si è interrotta con il proliferare di grandi e piccole centrali alimentate con biomasse, compresi i "termovalorizzatori" di rifiuti urbani, in tutti i casi combustibili poveri e altamente inquinanti.

Ad esempio, a parità di energia prodotta (elettricità+calore), una centrale alimentata a biomasse legnose emette 42 volte più polveri sottili (PM10) di una centrale di pari potenza, alimentata con gas naturale.

Non sono meno impattanti le centrali alimentate con gas di sintesi prodotto dalla gassificazione del legno, in teoria migliori della combustione diretta delle stesse biomasse gassificate.

 Un impianto di gassificazionedi cippato di legno da un Megawatt di potenza elettrica, nel pieno rispetto dei limiti alla concentrazione di inquinanti presenti nei suoi fumi, emette annualmente circa 6 tonnellate di ossidi di azoto, circa 6 tonnellate di ossido di carbonio, 4 tonnellate di anidride solforosa e 300 chili di polveri sottili PM 10.

In assenza di impianti di teleriscaldamento e senza il contemporaneo spegnimento di impianti termici poco efficienti,  alimentati con combustibili con fattori di emissioni superiore a quello delle biomasse utilizzate, e' inevitabile che tutti questi inquinanti provochino un sicuro peggioramento della qualità dell'aria e un proporzionale aumento di rischio sanitario per la popolazione esposta.

Questo significa che il rispetto delle concentrazioni di inquinanti nei fumi, ammessi dalla Legge e' una condizione necessaria, ma non sufficiente, al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e l'entrata in servizio di questi impianti.

L'autorizzazione ha valore solo se il progetto dimostra anche che l'entrata in funzione dell'impianto  "mantiene la qualità dell'aria ambiente, laddove buona e la migliora negli altri casi".

Questa duplice norma cautelativa (rispetto dei limiti alle emissioni e rispetto di una delle finalità del Decr. 155/2012) e' stata fatta propria con la Delibera 362 dalla Regione Emilia Romagna del 26 luglio 2011 che afferma:



Questa duplice norma cautelativa (rispetto dei limiti alle emissioni e rispetto di una delle finalità del Decr. 155/2012) e' stata fatta propria con la Delibera 362 dalla Regione Emilia Romagna del 26 luglio 2011 che afferma:
  1. Ai fini della localizzazione di impianti per la produzione di energia a biomasse aventi potenza termica nominale superiore a 250 kWt si applicano i seguenti criteri generali:
  2. x Su tutto il territorio regionale gli impianti devono utilizzare le migliori tecniche disponibili;
    x Nelle aree di superamento e nelle aree a rischio di superamento, è possibile localizzare impianti a biomasse solo a condizione che si sostituiscano sorgenti emissive esistenti e che sia assicurato un saldo complessivo pari almeno a zero delle emissioni in atmosfera di PM10 e NO2;
    x Nelle altre zone  si deve utilizzare un criterio cautelativo per mantenere la qualità dell’aria ambiente. 
"Il computo emissivo deve essere effettuato per i parametri PM10 e NOx (ossidi di azoto espressi come NO2) e per entrambi gli inquinanti nelle aree di superamento e nelle aree a rischio di superamento il saldo emissivo complessivo deve essere:
Saldo emissivo = Emissioni nuovo impianto - Emissioni spente o ridotte �� 0
Nella valutazione del saldo emissivo complessivo vanno dunque computate le sorgenti emissive esistenti che saranno “spente” o ridotte con l’entrata in funzione dell’impianto.
Si configurano in particolare due casistiche possibili:
  • -  sostituzione di emissioni provenienti da impianti esistenti;
  • -  installazione di nuovi impianti con contestuale riduzione delle emissioni complessive sul territorio tramite la realizzazione di opportune misure integrate localizzate in via prioritaria nella medesima area comunale o, in dipendenza dalla localizzazione dell’impianto, nelle aree contigue ricadenti in altri Comuni, da definire con le autorità competenti anche attraverso eventuali Accordi. " 
    E' interessante notare che la Regione Emilia Romagna, prevede che il computo emissivo sia fatto anche valutando le emissioni del traffico indotto per il trasporto delle biomassea alla centrale .
    Sarebbe opportuno che, al più presto, una simile norma (chiarendo meglio quali possano essere i criteri cautelativi da adottare nelle zone dove la qualità dell'aria e' già buona) sia introdotta in tutte le legislazioni regionali, in quanto ora, solo i cittadini dell'Emilia Romagna hanno a loro disposizione una norma che li tutela.
    Comunque, evidenziamo che, dati alla mano, in tutte le aree servite da gas naturale, il più pulito combustibile di cui possiamo disporre, sarà impossibile che l'uso energetico di biomasse al posto del gas naturale, possa lasciare inalterata, e tantomeno migliorare, la qualità dell'aria del territorio interessato alle ricadute dei fumi prodotti dal nuovo impianto.
Pertanto, ipotizzo che gran parte delle attuali autorizzazioni rilasciate ad impianti alimentati a biomasse, compresi gli inceneritori per rifiuti urbani, siano illegittime.

La parola definitiva a qualche buon avvocato che non si crei problemi a schierarsi a favore della salute del Popolo Italiano.

Se nel frattempo qualche ministro dell' Ambiente, dello Sviluppo Economico e delle Finanze provvedesse ad abolire gli incentivi a tutte le centrali a biomasse, gliene saremo grati in eterno.

giovedì 8 agosto 2013

ALLA SPUDORATA OFFENSIVA MEDIATICA DEI PETROLIERI RISPONDIAMO CON UN'ARMA IMBATTIBILE CHE LORO NON HANNO: LA VERITA'. AD ESEMPIO SU ROSPO MARE E OCCUPAZIONE.


Assistiamo già da un pò di tempo ad un'offensiva mediatica senza precedenti da parte dei petrolieri e dei loro "interessati" amici su tutti i mezzi di informazione locali e nazionali.

Tra pochi giorni partirà addirittura su RAI1 una trasmissione sul tema che, da come viene presentata, non lascia dubbi sull'univocità del messaggio. Ecco cosa scrivono in proposito sul loro sito gli amici lucani di "Olambientalista" (http://www.olambientalista.it/):


"L’oro nero piace a mamma RAI

Torna in pompa magna il nuovo ed ennesimo marketing dei petrolieri. Dal 16 agosto al 6 settembre 2013 su Rai 1 andrà in onda ogni venerdì alle 22,00 un nuovo programma di attualità che si chiamerà Petrolio“. Il programma si articolerà in quattro puntante in cui si intrecceranno storie, reportage e interviste in studio su cosa impedisce ed ostacola quello che chiamano “sfruttamento di determinate ricchezze“, che nel caso specifico non ci vuole molto a capire che si tratta dell’oro nero.
Ma gli ideatori del programma attraverso un gioco di metafore come “…Pompei, uno dei giacimenti di petrolio del nostro Paese” coniugano lo sfruttamento senza ostacoli della risorsa nera al rilancio del turismo che gira intorno al patrimonio culturale del nostro Paese. Petrolio come metafora, parola chiave o hashtag fidelizzato al rilancio di una Italia in crisi, con lo sfruttamento di “risorse” nascoste, lasciate in un cassetto e cmq poco utilizzate.
A condurre questo nuovo programma, che sarà senza dibattiti e contradditori, sarà il giornalista Duilio Giammaria, inviato del TG1. Sul sito di mamma Rai, ed in particolare su quello di Rai 1, il programma viene così definito: “Petrolio, metafora delle nostre ricchezze che per essere utilizzate devono essere identificate, estratte, valorizzate. Quattro appuntamenti per cercare i tesori nascosti, dimenticati o semplicemente mal utilizzati: la leva con cui risollevare il Paese“.
Fonte consultata: www.rai1.rai.it
 

Vogliamo solo ricordare che la RAI è un bene comune di proprietà di tutti i cittadini italiani che hanno diritto ad una informazione equilibrata e imparziale che garantisca l'ascolto di tutte le posizioni in campo.

A livello regionale il presidente di Confindustria Chieti Paolo Primavera impazza su tutte le reti ed a tutte le ore per magnificare le doti salvifiche di trivelle, pozzi e perforazioni.

A questo poderoso esercito dotato di mezzi sconfinati (soldi, sostegni politici ed amministrativi, conoscenze influenti di ogni genere e in ogni campo, grandi capacità "persuasive" e facilità di accesso a tutti i mezzi di informazione) possiamo rispondere con l'unica arma che non ha: LA VERITA'.

Di quest'arma imbattibile potete trovare varie tracce su questo Blog sia nei vari post pubblicati in questi duri anni di battaglia sia sulla pagina specifica "Il petrolio in Abruzzo" (clicca QUI ).
Non ci stancheremo mai di ripetere, supportati da fior fiore di scienziati, esperti e studiosi non a libro paga, che il petrolio in Abruzzo non può portare alcun giovamento ma soltanto danni dal punto di vista sanitario, ambientale ed economico. Lo ripetono con noi centinaia di migliaia di abruzzesi consapevoli ed innumerevoli associazioni di ogni genere, comprese quelle di categoria ed economiche. Lo afferma con durezza anche la Chiesa cattolica attraverso la CEAM (Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana).

Cari amanti degli idrocarburi, la storica manifestazione di aprile a Pescara non vi ha suggerito niente? Non vi ha fatto venire il legittimo sospetto che sia ora di andarvene con armi, bagagli e portaborse al seguito?

Ma la domanda principale che toglie ogni dubbio è la seguente: perchè i petrolieri ed i loro sostenitori si sono sempre sottratti ad un confronto pubblico su tutte le questioni in campo andandosi a rifugiare in agevoli convegni senza alcun contraddittorio?

Potremmo smontare uno per uno tutti i singoli argomenti sostenuti per realizzare i lucrosi affari (per pochi) del cosiddetto "oro nero", ma per non ripeterci troppo valga a titolo di esempio il recente articolo apparso su un quotidiano regionale sull'insediamento "Rospo Mare" a Vasto.

Qui sotto riportiamo tutte le eccezioni che un nostro super esperto ha rivolto alle affermazioni apparse su quelle pagine. A seguire alcune considerazioni generali riepilogative molto illuminanti.
Ecco cosa intendiamo quando parliamo di VERITA'.



"Il Centro".
 Sabato 20 luglio 2013. Rospo Mare. [Pag. 1, 8 e 9].



        Il pezzo si compone di un articolo specifico, di una colonna e mezza, firmato Andrea Mori, di un altro breve intervento di mezza colonna scarsa, firmato (cr.re.), sul lavoro e sul mare di soldi presumibilmente elargiti agli abruzzesi , di una colonna, di spalla a pag. 9, con 10 note sintetiche e significative sul “campo” Rospo Mare, e, infine, di 10 fotografie a colori, di cui tre, formato tessera, forse altrettanto significative.

       Veniamo dunque subito a sapere, da un ineffabile tale Flaviano Carlorecchio nel primo articolo, che si sta riversando costantemente in mare, in modo vistoso, acqua salmastra usata nel raffreddamento dell’impianto: al reporter, niente affatto curioso, non viene nessuna fantasia di domandare, al su detto Flaviano - o a chicchessia tanto per esempio - quanta acqua si sta ributtando, a quale temperatura, cosa si sta raffreddando e perché, come mai quell’acqua non si ricicla, quale ne è l’impatto (almeno quello termico) sull’intorno e via cantando. Quell’importuna fantasia avrebbe fatto scoprire, sia al reporter che a Flaviano, che essi già stavano vagando fuori della grazia celeste nonché delle leggi e delle allegate norme tecniche del nostro infelice europeo paese. Avrebbe fatto loro chiedersi con quali procedimenti e combustibili si stavano mantenendo “caldi” alcuni punti  del Rig e cosa di sozzo essi sputano fuori nel così detto “ambiente”, insinuando loro forse qualche dubbio implicito sulla bontà e sulla liceità di ciascuna e dell’insieme di queste operazioni.

        Appena dopo, l’ineffabile Flaviano tiene puntigliosamente a precisare che sia i rifiuti (“differenziatamente” raccolti) sia i fanghi (graziosamente separati dall’acqua) non vengono giammai smaltiti in mare, bensì convogliati nell’accogliente porto di Ortona, che ne riceve questo delizioso e gratificante favore. Ora, chi potrà mai spiegare, al Flaviano e al reporter, che tale favore ha luogo in elusione e totale disaccordo col d.lgs. n. 182 del 24.06.2003, ossia con una legge dello stato? Chi potrà mai far loro capire che, quando Ortona non sia affatto idonea a ricevere e “smaltire” tale favore, il problema non deve ricadere su Ortona ma sulla Concessionaria di Rospo Mare, addirittura in fase di progetto preliminare? Questo compito sarebbe forse di competenza delle Capitanerie di Porto di Ortona e Termoli, che però sono qui altrettanto ineffabili, latitanti e lontani dalla su citata grazia celeste da implicitamente e placidamente solidarizzare col nobile Rospo sputa-rifiuti. Ci sarebbe stato anche da andare a vedere cosa succede coi rifiuti nocivi, con quelli pericolosi e con i particolari rifiuti da idrocarburi , ognuno coperto da norme specifiche di legge che né all’ineffabile Flaviano né al reporter sono neanche per un momento passati per la capa: stendere un velo pietoso su questa materia sarebbe infatti costato uno sforzo titanico.

        Si passa poi, inopinatamente, a parlare d’altro, ossia della “mostruosa” piattaformina provvisoria Perro Negro (in spagnolo “cane nero”, in latino “canta, o nerone”), che starà lì più di 6 mesi per dare una revisionata a due pozzi un po’ sfasciatelli, al risibile costo di 200000 Euro per dì.. Sfasciatelli? E quando è successo? Cosa è successo? Qualcuno ne ha detto qualcosa? – Inoltre: il progetto della “revisionata” avrà certamente passato la procedura d’approvazione (Via, Aia e simili), con la relativa consultazione pubblica, vero? E le Amministrazioni Interessate sono state doverosamente coinvolte, no? Certamente qualcuno avrà controllato se un appalto da almeno 40 milioni in tanto poco tempo si sia sottoposto a tutti gli obblighi di servizio pubblico, come da legge Marzano: o no?  Andrea Mori, non ti viene qualche sospetto che ci sia del marcio in Danimarca e che hai visitato un popò di impianto senza vedere una mazza?

        L’articolo si avvia a concludere con qualche notizia sulla nave morta “Alba Marina”: chi sa se il reporter avrà notato se i prodotti convogliati dalle piattaforme su questa bara fetentissima, per esempio, entrano da poppa o da prua e come avviene l’operazione col mare grosso; a quel che dice, non sembra d’aver capito bene neanche per quale motivo il servizio sia reso da un ex-catorcio “cinese”: ci mancava proprio questo, che si riciclasse addirittura una carcassa rottamata dagli stessi “cinesi”! Riuscite a immaginare quali “valide” garanzie di sicurezza ricaviamo da una tale mostruosa “cineseria”? Ma a nessuno viene neanche un piccolo dubbio che, dalle “migliori tecnologie” imposte dalla legge, Rospo Mare sia di brutto fuori con l’accuso (tutta l’Edison, è risaputo, è fuori con l’accuso!).
        E si chiude infine con la strabiliante osservazione che i gabbiani locali, con temeraria ostinazione, abbiano scelto “l’impianto” come luogo privilegiato per le loro diurne operazioni di defecazione: e sì, cari amici, la natura a volte capisce benissimo qual è l’uso tecnologico più opportuno di certe installazioni e, allora, meriterebbe di essere osservata; o meglio, come sono stati rimossi i vespasiani dalle strade cittadine, così dovrebbero essere rimossi questi inopinati cessi marini, sia pure per soli gabbiani: non credete?

        Ovviamente tutti si sono guardati bene dal dirci dove come e in quali misure avvengono la separazione dei prodotti d’estrazione, il pretrattamento degli idrocarburi utili, lo smaltimento e l’emissione dei prodotti rifiutati ed inquinanti, il convogliamento di tutto quanto verso recapiti noti e sicuri etc. etc.: l’avessero fatto, temiamo che ci avrebbero offerto sane ragioni di genuino divertimento intellettuale, se solo ci nascondessimo che siamo di continuo ai margini di qualche disastro, che aspetta solo di accadere .
       Ma si passa ad altro più corposo: il lavoro e i soldi elargiti agli abruzzesi!  Intanto si guardino le foto: delle masse sterminate di addetti e lavoratori che dovrebbero affollare il Rig non si vede nemmeno l’ombra! È peggio di un deserto dei tartari, di letteraria memoria! Si vedono solo gli sperditicci 2 giornalisti e l’ineffabile Flaviano, forse sottoposto a invecchiamento precoce artificiale, per abbellimento. Non c’è in giro nessuno: infatti, alla nota informativa 6 ci si dice che “l’intero campo è sorvegliato 24 ore su 24 da un sistema di telecontrollo a terra nella base di Santo Stefano” e che, in caso di anomalie, le valvole agiscono automaticamente e il sistema antincendio (in caso di fuoruscite di gas) si può attivare immediatamente da lontano. Vi rendete conto? Quali fuoruscite di gas e perché?  E a proposito, come ha fatto Rospo Mare a piazzarsi dentro Santo Stefano Mare (in scadenza fra quattro anni) senza essere passato per le forche caudine dell’art. 8 della legge 9/1991?  E, sempre a proposito, perché a fronte della prossima scadenza di Santo Stefano si sta tenendo pronto SSM 1-9 per l’attacco con Ombrina che, dio non voglia, può arrivare lì fra non meno di 5 anni, anche qui senza passare per la 9/1991? Ma che siamo nella repubblica delle banane? E che fanno le pregevoli Capitanerie di Porto in merito? E l’ing. Terlizzese, innominato manzoniano, che spesso graziosamente ci visita quatto quatto?

         Tanto per la cronaca, a Rospo Mare (manco questo ci ha detto il reporter) al Ministero risultano attivi ormai 21 pozzi su 30; quando si completi la “revisionata” ce ne saranno altri 2, ma per riavvicinare la produzione alle aspettative (4-5000 barili/giorno) bisognerà approvare 3 progettati pozzi nuovi che però, per essere definiti “di esplorazione” dovrebbero rientrare in un permesso di ricerca in scadenza da lungo tempo: e la VIA? E l’AIA? ma che conti la Edison sta facendo? E ce li racconta pure!

        Quanto ai dati tratti dallo studio universitario Fratocchi-Parisse, quelli riportati in articolo sono perfino approssimati per difetto. Non si sa però se per il fatto che i frat-occhi fossero nello studio chiusi o  aperti, non si è detto che della totalità degli abruzzesi impiegati nel settore e nell’indotto (più di 7000, quasi 10000 in picco), solo poco più dell’1% (uno per cento) è impiegabile (ed effettivamente impiegato stabilmente) sul suolo e sul mare abruzzese: il resto nisba, è disperso nei posti più brutti del mondo o lavoricchia saltuariamente e, data la situazione, questo è già da considerare una relativa fortuna. Dei 555 pozzi perforati in territorio abruzzese, ne rimangono attivi solo 15 a gas; di 186 perforati in mare ne restano attivi (in mera teoria) 26 a gas a nord di Pescara e i 21 a olio del Rospaccio Marino. Le nuove istanze di ricerca riguardano aree già abbondantemente esplorate e trovate disperatamente sterili. Le istanze di Coltivazioni in corso vogliono, dati i prezzi, solo dichiaratamente raschiare il sudicio fondo del barile, portando via lo spirito e lasciando a noi la lurida feccia. Che ci sia ancora trippa per gatti è solo un incubo della Confindustria chietina, contrabbandato per un sogno ad occhi aperti: ma quale crescita, quale sviluppo!?! L’accoppiata Fratocchi-Parisse forse, col suo studio, pensa di non aver fatto niente di male nel diffondere delle speranze temerarie: del resto, business is business, e tutto è giustificato e santificato dal fine del lucro: vero? Vi capiamo, ma non esagerate: tutti dobbiamo campare e qua, carissimi Dott. Ing. Prof., nisciune è fesso. Se si vuole mettere in piedi un piano di Ricerca e Sviluppo per l’industria degli idrocarburi in Abruzzo, lo si può fare solo rinunciando in modo assoluto a contare sullo sfruttamento delle sue risorse territoriali, ma contando invece sulle sue formidabili risorse umane e culturali: si deve erigere una piattaforma che produca cultura tecnica e tecnologica e non impiantare piattaforme per spremere qui catrami infami. Quando i nostri reporters arrivino a visitare una tale piattaforma tecnica e tecnologica faremo loro un grande applauso evitando le attuali – improvvide e ignobili – pernacchie.



Esercizio di statistiche e previsioni sulla deriva da idrocarburi in Abruzzo. 29.07.2013.

Quadro Produttivo Attuale.
     L’estrazione di gas dalla terraferma abruzzese è passata gradualmente da 92 915 430 mcs del 2004 a 41 976 336 mcs del 2012: prima della concessione Colle S. Giovanni ( 18 631 230 mcs nel 2012, con un solo pozzo in Colle Sciarra) era tuttavia precipitata a 24 111 247 mcs del 2011 e a 24 091 339 del 2010.
     I dati da mare e terra italiani dicono 12 920 948 679 mcs nel 2004 e 8 510 525 374 nel 2012.

    Oltre quello di Colle S. Giovanni, il contributo di ciascuna concessione all’estrazione di gas è stato il seguente:

Filetto:  nel 2012, 7 834 919 mcs con un solo pozzo, a Ovindoli (5 266 994 nel 2007)

San Mauro            2 501 397 mcs con un solo pozzo                    (7 124 539 nel 2004)

Cellino                 13 008 790 mcs con 12 pozzi                          (24 763 889 nel 2004)
     Le altre 6 concessioni vigenti non hanno apportato nessun contributo ( 4 sono “morte”): fra loro, Aglavizza è appena partita e Miglianico, chi sa perché, è ferma dal 2004. Osservazione: le concessioni Filetto e Colle S. Giovanni possono anche restare stabili, mentre S. Mauro e Cellino tendono a dimezzare l’estrazione ogni 8 anni.

    Il contributo di ciascuna delle 6 (su 7) concessioni nel mare abruzzese all’estrazione di gas è stato il seguente:                
2004                                         2012



B C1 LF        mcs            10 976 958                                  317 058

B C5 AS                            7 849 670                               5 213 947

B C3 AS                         216 509 727                             26 625 622

B C9 AS                             1 628 090                               1 186 814

B C10 AS                       393 315 151                           169 448 209

B C15 AV                          2 991 412                                   201 684   



Osservazione: soltanto B C5 AS e B C9 AS possono ritenersi ancora stabili, le altre stanno rapidamente morendo.

    L’unico contributo all’estrazione di olio è venuto, negli ultimi 8 anni, dalla concessione in mare B C8 LF Rospo Mare. Essa è comunque passata da 262 984 000 kg del 2004 a 205 645 000 del 2011; nel 2012 è stata ferma 6 mesi per incidenti ed esaurimento di alcuni pozzi, rilasciando solo 83 373 250 kg: degli incidenti non è stato detto niente! Nel 2013 ad oggi ha lavorato solo 2 mesi (11 699 239 kg), conducendo, per mezzo della piattaforma Saipem “Perro Negro” i lavori di riparazione di pozzi “incidentati”. Comunque vada, la produzione, senza l’esecuzione di nuovi pozzi, si ridurrà di un terzo subito e, pur con nuovi pozzi, si ridurrà a zero in 15 anni.

Crescita, Sviluppo, Ascesi Mistica, Caduta Diabolica: deduzioni dalle statistiche.
      L’insieme degli addetti all’estrazione, che lavora sul territorio e nel mare abruzzesi fra tutte le concessioni, ammonta a un centinaio di “unità”, di cui poco più della metà residenti in Abruzzo. Tra i vari turni, ai pozzi di Rospo Mare stanno tuttora lavorando, in forma transeunte, circa 200 “unità” su Perro Negro, di cui qualche decina d’abruzzesi di passaggio. Negli ultimi 8 anni l’insieme delle concessioni non solo non ha prodotto alcun nuovo posto di lavoro, ma ha più che dimezzato gli impieghi iniziali. Tranne lo smaltimento dei rifiuti, quasi del tutto fuori norme attuali, non esiste alcuna attività economica indotta dalle concessioni in territorio abruzzese: le attività portuali, infatti, insieme con i trasporti e con la distribuzione degli idrocarburi, dei sottoprodotti e dei rifiuti hanno pochissimo a che fare con le concessioni in essere.
     Le  principali imprese internazionali, che prestano servizi tecnologici alle attività di estrazione, pretrattamento e convogliamento degli idrocarburi, hanno ciascuna una sede importante in Abruzzo [Slumberger, Becker, Weatherford, Halliburton…] ove impiegano 800 addetti circa, di cui abruzzesi più dell’80%. Del totale, mediamente il 25% è impiegato negli uffici, nelle officine e nei magazzini di sede: il resto è, quotidianamente o con diversa frequenza, inviato in trasferta o in missione, per più o meno metà in altre regioni italiane (Romagna, Sicilia, Basilicata) e per l’altra metà all’estero.
     Ci sono altri 4000 abruzzesi circa che, impiegati nel settore “upstream” o nell’indotto dei suoi servizi, sono permanentemente fuori del paese in ogni parte del mondo: tra essi non sono inclusi i lavoratori marittimi a bordo delle petroliere e di altri scafi né quelli dei rifornimenti e dei bunkeraggi.

      Tutti i numeri, indicati approssimativamente con “circa”, erano parecchio più alti nel 2004 e sono continuamente decrescenti : per un paio di decenni ancora, sotto condizioni inopinatamente favorevoli, potrebbero però mantenersi stabili.

       Sono vigenti in terraferma abruzzese 11 permessi di ricerca, che hanno in progetto, nei prossimi 6 anni almeno, la perforazione di non più di 10 pozzi in tutto. A questi, se tutte le istanze per permessi venissero accolte (9), potrebbero aggiungersi da 14 a 18  altri pozzi nello stesso lasso. Nell’arco della durata dei permessi, cioè in 12+1 anni più sospensioni (circa nei prossimi 15 anni dunque) non possono essere messi in previsione più di 50 pozzi nuovi in conto “permessi di ricerca”, nelle più favorevoli condizioni di approvazione e consenso.

       Nello stesso periodo (~ prossimi 15 anni) e nelle stesse condizioni (= tutte le istanze approvate), l’insieme delle concessioni in terraferma non riuscirebbe a richiedere più di altri 8 pozzi. Nello scenario più esageratamente ottimistico, quindi, potrebbero essere messi in conto non più di 4 nuovi pozzi per anno, in terraferma, per tutto questo primo quarto di secolo. Considerando che, attorno ad un pozzo, ruota circa un centinaio di “unità”, fra annessi e connessi, per ~ 6 mesi, tutto quello che si riuscirebbe ad ottenere è il ritorno a casa di ~ 200 degli abruzzesi sparsi altrove, senza un solo posto di lavoro nuovo tranne il turn-over corrente. Niente altro!


      La ricerca in mare è affidata a 4 istanze Petroceltic e a 5 permessi in vigore (4 Petroceltic) che, studi e progetti alla mano, potrebbero comportare sì e no un altro nuovo pozzo l’anno nella rimanenza di questo quarto di secolo. Quando approvate, le istanze di Coltivazione potrebbero anche richiedere, nello stesso triplo lustro, fino a 10 nuovi pozzi, mentre le concessioni già in essere, tra lusco e brusco, ne lavorerebbero possibilmente altri 5 (grasso che cola!). In mare dunque, nel più eccelso ottimismo chietin-confindustriale, giammai s’andrebbe oltre i 2 “nuovi pozzi” l’anno, che riporterebbero forse a casa circa un altro centinaio d’abruzzesi migranti. Niente altro!


      Ipotizzando un’attendibile percentuale di successo del 60% fra terra e mare abruzzesi, un pozzo per l’altro [così sembra dire la storia], l’eccelso ottimismo chietin-conflittustriale tutt’al più  avrebbe dunque 50 altri pozzi variamente vomitanti per le prossime 2 generazioni, che andrebbero a sostituire i “morenti”, oltre 60 produttivi, attuali. In un tale rapporto massimo di 5 a 6, anche ipotizzando la stessa produttività media per pozzo, non c’è quindi verso che la produzione possa collocarsi a più di ¾ di quella sofferta finora, checché ne sognino appunto i chietin-conflittuali e i loro fantasiosi consulenti dell’università aquilana. Nessuna crescita, nessuno sviluppo, nessun mantenimento nemmeno!


      Da tutti i dati di cui si dispone e da quello che se ne può legittimamente (tecnicamente) dedurre, possiamo dunque azzardare molto ragionevolmente la conclusione che, acconsentendo alle pretese paradisiache dei petrolieri, possiamo tutt’al più sperare di riportare a casa qualche centinaio di nostri migranti, i cui stipendi già sono comunque qua; ma, non essendo il paradiso di questo mondo, anche tale miserabile speranza è ridotta a nulla. E non si è neanche accennato all’ambiente, alla salute, alla qualità della vita, ai danni agli altri settori economici, al depauperamento e alla de valorizzazione del territorio, alla sicurezza da incidenti e disastri etc. etc. etc., né si è dato sguardo alcuno ai contesti finanziari, di legalità e di sicurezza nei quali i progetti di sfruttamento petrolifero prendono piede: altro che paradiso petrolifero! Ben poco è più brutto di questo inferno: ci vorrà però qualche prossima puntata  per parlarne. Sopravvivremo?              

        
La VERITA', appunto.

L’oro nero piace a mamma RAI

monoscopioraiTorna in pompa magna il nuovo ed ennesimo marketing dei petrolieri. Dal 16 agosto al 6 settembre 2013 su Rai 1 andrà in onda ogni venerdì alle 22,00 un nuovo programma di attualità che si chiamerà “Petrolio“. Il programma si articolerà in quattro puntante in cui si intrecceranno storie, reportage e interviste in studio su cosa impedisce ed ostacola quello che chiamano “sfruttamento di determinate ricchezze“, che nel caso specifico non ci vuole molto a capire che si tratta dell’oro nero.
Ma gli ideatori del programma attraverso un gioco di metafore come “…Pompei, uno dei giacimenti di petrolio del nostro Paese” coniugano lo sfruttamento senza ostacoli della risorsa nera al rilancio del turismo che gira intorno al patrimonio culturale del nostro Paese. Petrolio come metafora, parola chiave o hashtag fidelizzato al rilancio di una Italia in crisi, con lo sfruttamento di “risorse” nascoste, lasciate in un cassetto e cmq poco utilizzate.
A condurre questo nuovo programma, che sarà senza dibattiti e contradditori, sarà il giornalista Duilio Giammaria, inviato del TG1. Sul sito di mamma Rai, ed in particolare su quello di Rai 1, il programma viene così definito: “Petrolio, metafora delle nostre ricchezze che per essere utilizzate devono essere identificate, estratte, valorizzate. Quattro appuntamenti per cercare i tesori nascosti, dimenticati o semplicemente mal utilizzati: la leva con cui risollevare il Paese“.
Fonte consultata: www.rai1.rai.it
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L’oro nero piace a mamma RAI

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Ma gli ideatori del programma attraverso un gioco di metafore come “…Pompei, uno dei giacimenti di petrolio del nostro Paese” coniugano lo sfruttamento senza ostacoli della risorsa nera al rilancio del turismo che gira intorno al patrimonio culturale del nostro Paese. Petrolio come metafora, parola chiave o hashtag fidelizzato al rilancio di una Italia in crisi, con lo sfruttamento di “risorse” nascoste, lasciate in un cassetto e cmq poco utilizzate.
A condurre questo nuovo programma, che sarà senza dibattiti e contradditori, sarà il giornalista Duilio Giammaria, inviato del TG1. Sul sito di mamma Rai, ed in particolare su quello di Rai 1, il programma viene così definito: “Petrolio, metafora delle nostre ricchezze che per essere utilizzate devono essere identificate, estratte, valorizzate. Quattro appuntamenti per cercare i tesori nascosti, dimenticati o semplicemente mal utilizzati: la leva con cui risollevare il Paese“.
Fonte consultata: www.rai1.rai.it
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Ma gli ideatori del programma attraverso un gioco di metafore come “…Pompei, uno dei giacimenti di petrolio del nostro Paese” coniugano lo sfruttamento senza ostacoli della risorsa nera al rilancio del turismo che gira intorno al patrimonio culturale del nostro Paese. Petrolio come metafora, parola chiave o hashtag fidelizzato al rilancio di una Italia in crisi, con lo sfruttamento di “risorse” nascoste, lasciate in un cassetto e cmq poco utilizzate.
A condurre questo nuovo programma, che sarà senza dibattiti e contradditori, sarà il giornalista Duilio Giammaria, inviato del TG1. Sul sito di mamma Rai, ed in particolare su quello di Rai 1, il programma viene così definito: “Petrolio, metafora delle nostre ricchezze che per essere utilizzate devono essere identificate, estratte, valorizzate. Quattro appuntamenti per cercare i tesori nascosti, dimenticati o semplicemente mal utilizzati: la leva con cui risollevare il Paese“.
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